I FRAGILI EQUILIBRI SOCIALI DEI QUARTIERI
Per un tragico errore del database della Prefettura, i bonifici della meritata pensione di Semolino, Kukident e Maalox, all’anagrafe Ferruccio Pammattone, Eugenio Mignogna e Luc Santoro, sono stati cancellati. Questo scaraventa i tre ex poliziotti – da tempo assuefatti a un rassicurante trantran fatto di relazioni a distanza, tranquille chiacchierate con figli ormai grandi e vivificanti corse nel parco per mantenersi in forma – in un mondo sconosciuto. Quello di chi si arrabatta per mettere insieme, non sempre del tutto legalmente, il pranzo con la cena.
La (si spera) temporanea indigenza, però, dopo un iniziale e inevitabile contraccolpo, consentirà ai tre di guardare con occhio più comprensivo a certi stratagemmi per tirare a campare che nella pancia più povera di Genova, il capoluogo ligure dove si svolgono anche le loro precedenti avventure, pare siano all’ordine del giorno.
Negli ultimi tempi, poi, sembra che in quei quartieri dai fragili equilibri sociali si siano registrati striscianti movimenti di speculatori, uomini d’affari e esponenti politici, uniti dal comune obbiettivo di metter le mani appunto su un pezzo significativo del centro storico: e, tra l’altro, chi ha provato a denunciarli – nello specifico don Gianluigi Parodi, tormentato responsabile dell’Istituto per il sostentamento del clero, che in apertura di romanzo commette l’errore di sussurrare i suoi dubbi al confessore sbagliato… – sembra averci rimesso la vita.
Questo l’intreccio di Mazzo e rubamazzo, quarta avventura della Squadra speciale Minestrina in brodo nata dalla penna di Roberto Centazzo, attualmente ispettore superiore della Polizia di Stato (oltre che autore radiofonico di successo e scrittore di testi di canzoni e di fiabe).
Un’esperienza evidentemente acquisita sul campo, quella di Centazzo, che rende particolarmente interessante questa storia gialla fatta di speculazioni edilizie e traffici occulti tra poteri forti – dopo un avvio forse troppo cauto che allenta un po’ il filo della suspense, pur regalando al lettore un’efficace panoramica del contesto sociale e quotidiano dei tre protagonisti, importante per apprezzare poi a pieno l’impatto destabilizzante dell’improvviso azzeramento di qualunque forma di sostentamento.
Costretti a reinventarsi una vita e un lavoro, chi più chi meno prontamente – ad esempio Mignogna, ovvero Kukident, faticherà un po’ prima di riuscire ad accettare l’idea d’aiutare a tempo pieno la sua nuova fidanzata Anghela, imprenditrice di successo e titolare di diverse botteghe d’antiquariato tra Nizza e Rapallo che, forse, proprio d’autentico antiquariato non sono… – i tre finiranno inoltre per farsi coinvolgere in un’indagine piena di lati oscuri dove l’apparenza cela quasi sempre una realtà diversa e sinistra, una “polveriera che sta per esplodere”.
Come Pammattone-Semolino, alle prese appunto con un’indagine avviata dalla Questura (e con un collega non troppo sicuro di sé che ha velatamente chiesto il suo aiuto) cercherà di spiegare ai due amici:
In nome dell’accoglienza s’intasa il centro storico, riempiendolo di disperati d’ogni genere, molti dei quali stipati in palazzi di proprietà della Curia… [tuguri, con l’impianto elettrico ancora fatto con la piattina… perché nessuno indaga?…] Si crea per forza una situazione di degrado, abbandono e insicurezza; a questo punto i residenti sono indotti a vendere e ad andarsene. Una società compra interi palazzi del centro storico a prezzi stracciati. Potrebbe sembrare un affare sbagliato, ma guarda un po’… intervengono i politici, gli amministratori locali, i quali decidono per un piano di riqualificazione urbanistica. A quel punto il gioco è fatto. I politici chiedono l’intervento delle forze dell’ordine per mandar via gli indesiderati e ripulire il centro storico, adducendo motivi di sicurezza. Spacciano per inevitabile la riqualificazione e si pongono come salvatori della patria, con grande consenso popolare. La società che ha comprato gli alloggi a prezzo di saldo realizza un guadagno stratosferico.
In un mondo in cui, come i tre hanno avuto modo di sperimentare in prima persona, “pochi mesi senza stipendio o senza pensione e si finisce ad accrescere le file di chi chiede l’elemosina o rovista nei cassonetti” e “la battaglia per il consenso è la più atroce che si possa immaginare… se la giocano sulla pelle dei poveracci”, la Squadra speciale Minestrina in brodo s’impegnerà dunque a contrastare un piano criminoso nato dalla losca alleanza tra “la chiesa, la ‘ndrangheta e la politica”, senza dimenticare la solita banca fin troppo proclive a concedere prestiti mirati.
Confrontandosi, al contempo, e facendo sì che il lettore si confronti (indiscutibile pregio del libro appunto il suo valore documentaristico, giornalistico quasi) con le mille piccole e grandi isole d’illegalità e malaffare che prosperano in un contesto viziato da indifferenza, cinismo e rassegnazione:
Arrivava vino di bassa qualità in serbatoi da cento litri e lo travasavano in bottiglie con etichette di prestigio. Adesso accade la stessa identica cosa con l’olio. Sono solo i poveracci a fare questo lavoro, persone che tentano disperatamente di mettere insieme il pranzo con la cena… non agiscono in proprio. Lo fanno per le grosse aziende, che però non compaiono. Il lavoro sporco, le ditte di fama lo fanno fare altrove, in laboratori clandestini, nei vicoli… luoghi in cui si mescolano un cucchiaio di olio pregiato a un litro di quello scadente e lo spacciano per olio extravergine… Ve lo ricordate cosa accadde per il vino? Quando sequestrammo il camion pieno di bottiglie contraffatte, l’azienda, quella famosa azienda del Nordest, celebre in tutto il mondo, sostenne che non se sapeva nulla, si costituì addirittura parte civile… Che altro potevano dire? Che erano loro a fornire serbatoi, bottiglie e etichette? Così nei guai, come sempre, ci sono finiti quattro poveracci che si guadagnavano qualche spicciolo…
Precedenti recensioni: Squadra speciale minestrina in brodo – Operazione Portofino – Operazione sale e pepe
Editore: TEA
Anno: 2019