L'uomo nell'ombra

L'uomo nell'ombra

UN ALTRO SUCCESSO DOPO RAGDOLL

Seconda prova dell’autore canadese Daniel Cole, L’uomo nell’ombra esce a due anni di distanza da Ragdoll, e la storia si svolge diciotto mesi dopo quegli eventi drammatici.

A condurre le indagini c’è anche stavolta la giovane detective Emily Baxter – da sola, perché il suo capo William Fawkes (detto Wolf) è scomparso senza lasciar traccia alla fine di Ragdoll e benché lo si creda morto nessuno sa con certezza cosa gli sia successo – affiancata dai due agenti speciali Elliot Curtis, dell’Fbi, e Damien Rouche della Cia.

I due, che hanno portato con sé a Londra le fotografie d’un uomo ucciso a Brooklyn e penzolante come un fantoccio dal famoso ponte con la parola esca incisa sul petto, coinvolgeranno la Baxter in un’indagine transcontinentale (tra parentesi, menzione speciale alla copertina della Longanesi per l’idea dello skyline di Londra che si specchia in quello di New York, a sottolineare il doppio contesto in cui si svolge la storia) che la vede all’inizio impegnata a esaminare la scena d’un crimine verificatosi sul suo territorio, appunto a Londra, con modalità simili.

Non la sola, ma certo la più inquietante, differenza tra i cadaveri è che quello britannico reca sul petto la scritta puppet, marionetta…

Ed esche e marionette appaiono gli attori stessi degli omicidi che si susseguono a ritmo incalzante: vittime e carnefici accomunati da un identico destino, dopo aver compiuto l’atto – con dinamiche sempre diverse e sempre spettacolarmente inventive, in un pirotecnico catalogo delle possibilità d’infliggere la morte che vede forse il suo apice più perturbante nella scena dell’omicidio di massa a teatro – gli assassini infatti a loro volta si uccidono, ottemperando a un piano predisposto fin nei dettagli da una mente esterna, superiore e distonica, che sembra manovrare senza sforzo, dall’alto, i fili di questo teatro dell’orrore.

Un Hangman, ovvero un boia (questo il titolo originale del libro) che uccide le sue vittime con l’impersonale e letale perfezione d’un consumato professionista e che spetterà appunto alla squadra dei tre investigatori cercar d’individuare.

Sullo sfondo, com’è logico, l’ombra delle sette religiose e della manipolazione mentale, con tanto di predicatore della domenica che, sull’onda della crescente isteria collettiva innescata dal susseguirsi degli omicidi, non esita a tirare in ballo la vendetta degli angeli caduti e il sospetto della possessione demoniaca…

Il primo stadio è l’infestazione diabolica. È quello in cui l’entità sceglie la sua vittima, mette alla prova la sua vulnerabilità e rende nota la sua presenza. Il secondo stadio è l’oppressione. È quello in cui l’entità assume il controllo della vita del soggetto e inasprisce la sua persecuzione finché il suo obbiettivo dubita della propria sanità mentale. Il terzo stadio è quello della possessione. A quel punto la volontà della vittima è spezzata, e l’entità viene invitata a entrare.

Angosciante e cinematografico, L’uomo nell’ombra conserva inalterata la sua capacità di tensione per tutto l’arco della storia, che, pur nell’alternarsi frenetico delle indagini da un capo all’altro dell’Atlantico, indugia a tratti sulla vita privata dei protagonisti delineandone personalità e contrasti.

In particolare di Emily, col suo irrisolto menage con Thomas: che di mestiere fa il cuoco, e sembra invano cercare di portarle nutrimento un po’ per tutto il libro, preparandole cene che lei puntualmente spilucca o diserta, proteggendone il sonno estenuato e improvviso con coperte e maglioni e accollandosi con soltanto un iniziale accenno di sgomento la cura del gatto, che la ragazza gli scarica nell’appartamento con vaghe spiegazioni appena un attimo prima d’involarsi per New York – portandosi dietro, però, il ridicolo cappello di lana arancione con il pompon e i guanti abbinati che il compagno le ha comprato a Camden Town e che resterà con lei come un talismano anche durante le peripezie più rocambolesche…

Tentando, insomma, ogni giorno di stabilire un canale di fiducia e comunicazione che la diffidenza di Emily – determinata, dopo i traumatici eventi di Ragdoll, a non concedere più a nessuno la minima disponibilità senza prima averne testato in modo quasi maniacale (e non proprio trasparente) affidabilità e lealtà – incrina di nuovo ogni mattina.

Del resto, la sola persona di cui all’apparenza la Baxter si fidi è l’ex collega Edmund: e proprio a quest’ultimo – in fuga dalla Omicidi dopo la nascita della figlia per approdare al porto più sicuro delle Frodi, ma in fondo nostalgico dell’antica attività investigativa – Emily ha chiesto,  non a caso, d’indagare discretamente appunto sul compagno Thomas…

Divertenti, tra parentesi, i siparietti tra i due, spesso al telefono mentre la figlia appena nata dell’uno  piange e il compagno dell’altra cucina o sfaccenda, a sottolineare l’intimità d’una connessione soprattutto mentale che le contingenze per così dire esteriori dell’esistenza non possono intaccare se non superficialmente – e che talvolta dà parecchio sui nervi a chi li circonda.

Molto interessanti sono poi i personaggi della Curtis, giovane, bellissima ed efficientissima macchina da guerra oppressa da un padre troppo perfetto che vota al fallimento tutti i tentativi d’eguagliarlo della figlia, e di Rouche, l’elusivo e a tratti buffonesco esponente maschile del terzetto: ma attenzione, dietro quei modi provocatoriamente cialtroneschi e distratti si nasconde forse una drammatica realtà.

E divertente il modo in cui si sviluppa l’amicizia tra queste tre persone così diverse e così diversamente tormentate, con l’improvvisa incursione del ragno gigante nella camera d’albergo di Curtis, le sue terrorizzate grida d’aiuto, l’intervento supremamente inefficace di Rouche e Baxter e infine il sonno esausto dei tre, asserragliati in un unico letto per proteggersi dall’ignoto…

Traduzione: Alberto Pezzotta

Editore: Longanesi
Anno: 2019