QUELLA PROVINCIA COSI’ OSCURA

di ANTONIA DEL SAMBRO

Quando il giallo diventa riflessione sociale allora i lettori si immergono nella trama fino a diventare essi stessi parte integrante di quanto viene narrato.

Matteo Lena con L’ossessione del ragno fa un meraviglioso lavoro di scrittura e racconto trasformando la narrazione in un flusso di coscienza collettivo che si dipana tra le pagine e diventa il vero focus di tutto il romanzo.

La location è singolare, inimmaginabile e oscura insieme: Udine.

Una città da profondo nord con echi da frontiera e una architettura dall’allure lontana e affascinante, abitata da gente discreta e operosa. Un posto così differente e distante dalle grandi città da far pensare che mai in un luogo simile possa accadere qualcosa di tanto efferato. E invece è proprio quello che accade.

Dieci donne, vittime di un serial killer vengono assassinate tra il 1971 e il 1989. Sono le vittime del mostro di Udine, cadute sotto la mano di un maniaco criminale che le ha seviziate, sgozzate e accoltellate a morte. Tutto questo, da solo, farebbe già una paura tremenda, ma a rendere il libro di Lena un vero pugno allo stomaco è la pressoché totale indifferenza dei media e dell’opinione pubblica nazionale. Del mostro di Udine sembra non interessare a nessuno, come se le infelici e sfortunate dieci povere creature morte ammazzate da lui non facessero “notizia”.

Ma chi è il mostro di Udine? Gli inquirenti hanno investigato a fondo su queste morti? E le dieci vittime sono solo quelle ritrovate e scoperte?

Un lavoro letterario intenso che travalica il romanzo di genere e che inquieta e scuote mente e cuore, che parla di una provincia profonda e oscura dove anche un efferato serial killer può nascondersi e confondersi. La diapositiva di una società anestetizzata o peggio indifferente se non omertosa. Le grandi doti di narratore di Matteo Lena si mostrano in tutta la loro intensità attraverso una scrittura che non teme indagini psicologiche o sociali e scava profondamente affinché l’approccio del lettore a temi universali sia completo e compiuto.

Uno scrittore di talento Lena, senza alcun dubbio.

TRAMA

Udine, 1971-1989. Con una cadenza sempre più inquietante, vengono ritrovati dieci cadaveri fuori città, ai margini dei campi. Le vittime sono tutte donne abituate a vivere la notte per strada e ad accettare passaggi in macchina da sconosciuti. Sono state accoltellate, strangolate o sgozzate. Alcuni di questi delitti sembrano la fotocopia uno dell’altro: i polsi legati dietro la schiena, uno squarcio alla gola, lunghi tagli sul ventre. A Udine c’è un serial killer che si aggira di notte armato di bisturi e sembra voler ripulire le strade dal vizio e dal peccato. Lo chiamano il Mostro di Udine. Gli investigatori non riescono a fermarlo, eppure i media nazionali non sembrano interessati a questa storia che presto diventa uno dei tanti cold case, destinato a essere dimenticato da tutti. 2018. Nico Galici è un regista scontento. Scontento degli ultimi programmi tv ai quali ha lavorato, ma scontento soprattutto di sé, per essersi fatto contagiare dal cinismo del suo mondo. Poi un giorno riceve una telefonata: una piattaforma streaming vorrebbe capire se c’è materiale a sufficienza per produrre un documentario su questa lunga serie di femminicidi. E così Nico parte per Udine, con niente in mano se non qualche nome e alcune informazioni imprecise. Comincia a chiedere in giro, incontra poliziotti, magistrati, i parenti delle vittime. Scopre errori, nuove prove, strane omissioni. E mentre con ostinazione, mese dopo mese, ricostruisce la lunga scia di sangue che per vent’anni ha macchiato la provincia di Udine, si rende conto che quella storia non è più soltanto un lavoro: è un’occasione per cercare, proprio nell’abisso della violenza più brutale, quel bagliore di umanità che tutti, lui compreso, sembrano aver perso.