UNA PIAZZA MACCHIATA DI SANGUE.
di BARBARA MONTEVERDI
Nella profusione di nuovi commissari che l’italica vena giallistica sta sfornando in questi ultimi anni, spicca Villata, uomo retto, tutto d’un pezzo, antifascista – aspetto non secondario visto che siamo nel 1932 – dall’ironia pugnace e graffiante che si trova a dover dirimere il mistero di una giovane donna assassinata, il cui corpo è stato trovato nell’imbarazzante piazza Vittoria pochi giorni prima della visita di Mussolini alla città di Brescia. La forte. La leonessa d’Italia.
Spero, con questo incipit muscolare, di aver ben reso il clima patriottico in cui si svolge la storia perché l’atmosfera è la primadonna di questa tragica commedia e l’autore la rende perfettamente, così come rende perfettamente la descrizione dei luoghi: Brescia è raccontata strada per strada, nebbia dopo nebbia, con precisione e affetto.
Camminando senza fretta, facendo una breve sosta per acquistare due pacchetti di Giubek, Villata e Ferri arrivarono in via dell’Ospedale. Una coltre di foschia umidiccia era calata sulla città, invadendo le strade come un fiume immobile, impalpabile e lattiginoso. Inoltre, nonostante fosse ancora pomeriggio il cielo si era incupito, avvolgendo gli edifici in un manto tetro. Non faceva eccezione la severa facciata neoclassica degli Spedali Civili, che anche in una soleggiata mattina estiva non avrebbe messo allegria nemmeno al più irriducibile degli ottimisti.
Cullati dall’umido fascino della città (che ci fa anche rabbrividire, ma sempre bella rimane) possiamo soprassedere su qualche scivolata nei dialoghi, a volte un po’ troppo deamicisiani, come quando il commissario si rivolge all’inseparabile aggiunto Amilcare Ferri spiegandogli un po’ da maestrino dalla penna rossa quale siano le doti del perfetto investigatore. E visto che sto’ girando sadicamente il dito nella piaga, ricordo sommessamente che Galeazzo Ciano era genero e non cognato del Duce (ma questo è sicuramente un lapsus, perché successivamente le parentele sono designate correttamente).
Ma qui chiudo la parentesi critica perché, in realtà, il libro di Badini è godibilissimo, pieno di brio e ottime caratterizzazioni, si nota la cura dell’autore nel definire i personaggi, le loro piccole manie, punti deboli e di forza. Insomma, si vede un gran lavoro dietro al romanzo e tanto entusiasmo, che diventa contagioso perché quando l’autore è empatico il lettore lo segue con grande piacere.
Infatti, ogni volta che ho preso in mano il libro sono stata colta da una sensazione di benessere, come quando sbarco alla stazione di Brescia per incontrare gli amici di laggiù. Sfogliando le pagine del romanzo, ritrovo luoghi e atmosfere avvolgenti, pare di vivere in quell’epoca, di entrare proprio in quelle osterie e neppure i morti (alla fine, piuttosto numerosi) in cui Badini ci fa inciampare riescono a scalfire l’eleganza sorniona della primigenia Brixia, con i vicoli acciottolati, i magnifici resti d’epoca romana, l’antico Duomo dall’architettura perfettamente circolare.
Così, dopo aver letto questo giallo coinvolgente (anche sotto l’aspetto umano, visto che il commissario Fulvio Villata ci fa partecipi dei suoi pensieri intimi e della sua malinconica solitudine), sicuramente una capatina a Brescia è d’obbligo per rivivere nelle gambe, nella testa e negli occhi un’avventura che non lascia indifferenti.
TRAMA
Brescia, autunno 1932. La città è in fermento per l’arrivo di Mussolini, in occasione dell’inaugurazione di Piazza della Vittoria. Sfortuna vuole che a pochi giorni dall’atteso evento una ragazza venga assassinata proprio ai piedi del Colosso, scultura del Dazzi destinata ad abbellire la piazza. Il colpevole, o “un” colpevole, deve assolutamente essere arrestato prima dell’arrivo del Duce, e allora il caso viene affidato al commissario Fulvio Villata, detto Il Mastino, poliziotto tenace e poco simpatizzante con il regime. Aiutato nelle indagini dal giovane agente Ferri e dal nostalgico dottor Calligaris, medico legale dalla cultura poliedrica e fonte di informazioni proficue, Villata dovrà seguire una scia di sangue e fare un salto temporale nelle trincee della Prima guerra mondiale, prima di arrivare alla soluzione del caso.
Ascoltate l’incipit letto da Barbara:
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L'ombra sul colosso
UNA PIAZZA MACCHIATA DI SANGUE. di BARBARA MONTEVERDI Nella profusione di nuovi commissari che l’italica vena giallistica sta sfornando in questi ultimi anni, spicca Villata, uomo retto, tutto ...