L'ombra del fuoco

L'ombra del fuoco

PARIGI  ASSEDIATA E VIOLATA

Hervé Le Corre ha una fantasia ed una capacità di immedesimazione impressionanti. Le sue conoscenze storiche sono solidissime e qui, in piena Parigi comunarda – anno 1871 – con i prussiani alle porte spalleggiati dai militari francesi fedeli al Potere costituito, sembra di essere piombati in un classico alla Victor Hugo. Anche se, c’è da dire, Le Corre non è Hugo e con l’ansia di raccontare l’intrico di vicende in cui ci avvolge, scarnifica un po’ troppo il linguaggio, le frasi si fanno telegrafiche e le immagini – splendide peraltro – di una città sull’orlo del precipizio, assediata e febbrile, soprattutto all’inizio sono più simili a belle illustrazioni che corpo e sangue del racconto. Ma tolto questo neo, tutto il resto funziona alla grande, perché la storia c’è ed è molto densa.

“Andiamo!” Qualcuno ha dato l’ordine in un momento di tregua, non si sa chi. La colonna si rimette in marcia. Nicolas grida: “Distanziarsi!” e gli uomini lasciano tra loro abbastanza spazio da non morire raggruppati. Camminano per una cinquantina di metri, poi si fermano perché due esplosioni sollevano il terreno davanti a loro, poi ripartono. Suona una tromba. Si bloccano, serrano i ranghi per sentire meglio. Ritirata.

Nel caos che regna tra le vie interrotte dalle barricate, loschi personaggi si aggirano rapinando, violentando e riducendo in schiavitù ragazzine stordite dall’oppio; i feriti – bestialmente deturpati – vengono curati alla men peggio e, più spesso, accompagnati verso la morte dal sorriso pietoso e stanco di giovani infermiere e Parigi resta col fiato sospeso in attesa dell’Apocalisse finale.

Quasi stordito, intravede la carneficina che si prospetta e pensa che Monsieur Charles avrà il suo daffare con le macchine fotografiche per cogliere la ferocia senza freni che verrà a punire il popolo insorto, placcato a terra dietro i mucchi di selciato divelto a difendere fino alla morte i suoi patetici mucchietti di sassi, fortezze di cartone, bastioni di sabbia pieni di bandiere rosse come se fossero già imbevute del sangue che scorrerà.

C’è la tecnologia del mondo moderno che avanza , la fotografia, e l’immarcescibile sanpietrino da tirare in testa al nemico come ultima, disperata arma: perfetto bilanciamento tra passato e futuro.

Antoine Roques, commissario restio, eletto dalla municipalità nel momento peggiore della storia cittadina, si trova suo malgrado a dover dipanare la vicenda del rapimento di una giovane, ai genitori della quale ha promesso – senza crederci neanche un po’, ma con limpida cocciutaggine – di ritrovare la ragazza.

E la sua vita si intreccia vorticosamente con quella di tante altre vite disperate, illuse, feroci.

Intanto Parigi brucia e crolla sotto il bombardamento impietoso di un esercito selvaggio ma organizzato che si accanisce contro la popolazione cittadina. Le fiamme e il fumo della battaglia non impediscono di osservare l’animalesca inutilità della guerra, di tutte le guerre, e di come qualsiasi vittoria risulti fredda e nuda come i tanti cadaveri gettati nelle fosse comuni.  E il pensiero del lettore va alla bellezza della Parigi odierna, a tutto quello che è andato perso nelle numerose vicende, drammatiche o no, che hanno stravolto nei secoli la Ville Lumière.

Una storia tesa che sa commuovere, forse non proprio un giallo storico – è più la Storia che si tinge di giallo – ma vale la pena  meditarci sopra.

Edizioni: E/O
Anno: 2021