L’ESORDIO DI MATTEO CILENTI, DIVENTA GRIDO DI SPERANZA
“Vuoi mandare a processo delle persone per una foto di decenni fa?
Non manderò a processo proprio nessuno se continuano a morire uno dopo l’altro”
Nei meandri di Netflix ci si si può imbattere anche in serie televisive non abbastanza pubblicizzate o completamente comprese dagli spettatori. Una di queste è I delitti di Valhalla ambientato in Islanda e che parte dall’indagine di un omicidio che sembra legato a un vecchio istituto che ospitava bambini problematici e a una foto che ritrae gli stessi bambini con gli educatori e i responsabili della struttura.
Anche ne Lo spettro di Caino, romanzo di esordio di Matteo Cilenti, tutto parte dal ritrovamento fortuito di una foto in una caserma dei pompieri della bassa padana. La foto ritrae una squadra di
molti anni prima. I componenti di questa squadra, ora, stanno morendo in circostanze misteriose. A indagare su queste morti, per proprio conto c’è il Maresciallo, ex vigile del fuoco che conosceva tutti loro e che si fa aiutare da un suo vecchio amico, un ispettore di polizia, anche lui intenzionato a venire a capo delle morti degli ex pompieri.
Ma basta una foto per far luce su una serie di morti misteriose? Ciò che rende interessante il romanzo di Matteo Cilenti è indubbiamente il seme della vendetta perché anche essa come sentimento parte da segreti, misteri e crimini impuniti. Proprio come nella serie di Netflix e quindi lo spettatore così come il lettore iniziano a guardare i delitti sotto un punto di vista nuovo, un punto di vista che non ha nulla a che vedere con il senso di giustizia e di equità universali, ma viene spostato abilmente da chi scrive la trama su un senso di ragione personale dettata da valori individuali. Ed è questa la grande forza de Lo spettro di Caino. Il rovesciamento emotivo che suscita in chi legge e che viene alimentato contemporaneamente dalla tensione in cui si svolgono le azioni del Maresciallo e dell’amico ispettore di polizia. E pertanto, se l’idea di fondo dell’intero romanzo risulta vincente, lo sviluppo invece soffre ancora dell’immaturità propria dello scrittore emergente. La prima parte del romanzo, infatti, è incentrata sul lungo racconto che il Maresciallo fa a un suo collega vigile del fuoco. Un giovane pompiere che l’anziano vigile del fuoco ritrova dopo essere ritornato a prestare servizio nella sua città natale. Il paradigma del racconto delle vicende a una persona estranea alla storia è un espediente letterario antichissimo e proprio per questo deve essere saputo gestire con intelligenza e grande esperienza. Così non risulta nel romanzo di Cilenti, almeno nella prima parte, che però decolla letteralmente nella seconda con le indagini sulle morti e soprattutto sui presunti colpevoli e sul mistero che nasconde la caserma dove è stata ritrovata la foto.
Matteo Cilenti è anche lui un vigile del fuoco e questa cosa traspare nel suo stile, nel suo linguaggio, nel modo di raccontare un giallo in maniera del tutto intimista, cosa che non disturba e non dispiace chi legge, anzi. In ogni modo dare il benvenuto a un autore emergente soprattutto in momento sociale come questo è sempre una cosa positiva. Come è positivo che i giovani scrittori esordienti riescano a trovare case editrici come Scatole Parlanti che li scelgono e li accolgono proprio in un momento così delicato per l’editoria italiana. E investendo su di loro.
I libri, gli autori, i lettori hanno bisogno di speranza.
Editore: Le Scatole Parlanti
Anno: 2020