UNA SVEZIA INSOLITA, FATTA DI SCANDALI E CORRUZIONE
Un hotel di lusso a Sarajevo, una missione di pace, una cena di gala. Una relazione clandestina tra due diplomatici svedesi, Ylva Grey (il cognome le viene da un avo d’oltre Manica) e Anders Krantz. Lui è sposato, ha un figlio dal primo matrimonio ed è il patrigno d’un altro, figlio della seconda moglie che lo sta aspettando nella loro casa di Stoccolma. Anders e Ylva trascorrono insieme un paio d’ore rubate. Poi lui se ne va, dimenticando nella suite di lei una cartella piena di documenti. Si rivedranno di lì a poco, appunto per la cena di chiusura dei lavori.
Le cose però vanno diversamente, dalla hall arriva il fragore di un’esplosione. Gli ospiti vengono velocemente dirottati altrove dagli imperscrutabili funzionari intervenuti sul posto. Ylva è tra loro, ha con sé la cartella dimenticata. Niente cellulari, nessun contatto con l’esterno. Questione di sicurezza. Tra le vittime c’è Anders, che oltre a esser l’amante del suo capo (la Grey gli era infatti superiore in grado) era anche il padre di Elias, studente ventiquattrenne. Al momento dell’esplosione Anders si trovava proprio nella hall, benché nell’uscire dalla camera avesse assicurato alla donna che sarebbe andato nella propria stanza a vestirsi per la cena. E nei suoi movimenti a Sarajevo durante i lavori ci sono molte zone d’ombra. Per quanto addolorata e sconvolta dalla scomparsa dell’amante, Ylva comincia a dubitare della sincerità di Krantz.
Intanto anche il mondo di Elias va in pezzi: il padre è morto, non si sa bene come né perché, e a lui viene diagnosticato un tumore al cervello. Benigno, ma comunque carico di minaccia. Stordito dagli avvenimenti ma deciso a cercar di scoprire i motivi dell’assassinio del padre, il ragazzo viene contattato dalla Grey, che va a trovarlo nell’appartamento dove abita assieme alla matrigna Mari-Louise, ovviamente all’oscuro del tradimento del marito e a sua volta stordita dalla disperazione.
Determinati a far luce sull’accaduto,Ylva ed Elias iniziano a indagare, ritrovandosi coinvolti in un intrigo internazionale fatto di collusioni e interessi occulti tra partiti politici, forze diplomatiche e aziende private. Questo il plot de L’inverno del profeta ed. Sem di Håkan Östlundh, scrittore, sceneggiatore e giornalista svedese tradotto in dodici paesi (in Italia sono usciti Gotland, La vipera e L’intrusa).
Pur non essendo forse molto originale come intreccio – per quanto abbia il merito di consegnare della Svezia, paese tradizionalmente virtuoso, un’immagine finalmente diversa in cui non solo scandalo e corruzione possono esistere ma persino, talvolta, esser celati e protetti dal governo – L’inverno del profeta può contare su un ritmo teso e uno stile asciutto, condotto sempre sul filo del presente, che avvincono l’attenzione.
Il libro segna inoltre il debutto dell’interessante personaggio di Elias Ferreira Krantz, lo studente svedese di madre ligure che deve il proprio soprannome di profeta all’incauta inclinazione del defunto Anders alla formazione prescolare del figlio:
Tutto era cominciato quando, l’autunno della quinta elementare, l’insegnante aveva chiesto se conoscessero il significato del loro nome. Alcuni non lo sapevano proprio, altri avevano dato una breve risposta: il santo, il bello, il vincitore. Ma Elias aveva raccontato tutta la storia del Vecchio Testamento, così come gliel’aveva raccontata suo padre: di come Elia, all’epoca unico profeta di Dio, avesse sfidato i profeti di Baal… Era stato più il suo orgoglio che la storia stessa a far sì che i compagni di classe fiutassero odore di sangue. Elias aveva parlato troppo, aveva dimostrato di sapere troppe cose di un’ammuffita storia biblica, e in più era stato così stupido da pensare che in qualche modo si riferisse a lui. Profeta non era un nomignolo affettuoso, ma un soprannome. Nessuno dà a un altro un nomignolo con tre sillabe, ci vuole un’energia più maligna per pronunciare invece quel lungo soprannome in tono denigratorio, ripetendolo all’infinito per i successivi tre anni scolastici…
Elias è l’indiscusso protagonista di alcune delle scene più riuscite del romanzo: dal confronto col fratellastro Markus, pieno d’un rancore verso Anders – colpevole d’avergli strappato l’amore esclusivo della madre – che la morte non ha affatto scalfito, ai dialoghi con Annika, la misteriosa funzionaria amica di Mari-Louise che persuade quest’ultima ed Elias a rifugiarsi fuori Stoccolma, nella casetta immersa nella solitudine dell’inverno da cui il ragazzo cercherà ben presto di tagliare la corda; dalla complicità con l’amante del padre al personale percorso mentale di ricerca della verità.
Interessante anche l’ambientazione nordica, con una Stoccolma ingrigita dal freddo che soffoca personaggi e situazioni in un vortice di nevischio, avvolgendoli in una nebbia sottile, gelida, impalpabile eppure tenace come la tela di ragno che Elias e Ylva tentano con fatica di districare…
Traduzione: Stefania Forlani e Giulia Pillon
Editore: SEM
Anno: 2019