UN ROMANZO IN LINEA CON IL SUO TEMPO
di GABRIELLA GRIECO
Questo romanzo è stata una piacevolissima scoperta. Sono una lettrice del mio tempo, abituata a letture molto “americane”, quindi veloci, incalzanti, senza respiro.
L’inizio un po’ lento, a dire il vero, mi aveva spiazzata. Proprio perché la velocità, quasi la frenesia, dei gialli moderni mi ha assuefatta a certi ritmi, ho accolto con diffidenza la narrazione tranquilla di Galimberti.
Però la trama c’era, bella consistente, il mistero, che più mi inoltravo e più si infittiva, pure, i personaggi tratteggiati caratterialmente con minuziosa attenzione, le scene… insomma, una pregevole ricetta che mi faceva presagire una lettura godibilissima.
Ho superato quello che era un mio limite e mi sono lasciata trasportare nella storia. Alla fine ho realizzato che avevo percorso il romanzo non a bordo di una potente auto da corsa, ma su una carrozza simile a quella su cui, alla fine, è salito anche Ezechiele Beretta, il protagonista.
Ho apprezzato l’accuratezza non solo storica e dell’ambientazione, ma particolarmente del linguaggio. Mi spiego meglio. Ho una collezione di vecchi gialli ereditata da mia madre, pubblicati negli anni Quaranta. Belli ancora oggi, a rileggerli, ma chiaramente obsoleti. Certo, funzionano ancora, ma nel leggerli si percepisce chiaramente che sono “passati”. Invece Galimberti ha operato una specie di miracolo, riuscendo a calare il lettore nelle atmosfere, negli atteggiamenti e nei dialoghi in tempi lontani, il 1930, o addirittura lontanissimi, nel 1880, senza che i dialoghi risultassero superati.
È un andare tranquillo, quasi rilassante. Non fosse che, essendo un giallo, ci sono gli assassinati e i loro assassini.
Un giallo, certo. Però arrivata all’ultima pagina sono rimasta con la sensazione di aver fatto un’incredibile incursione nel tempo, di aver vissuto per un po’ come si viveva ormai un secolo fa. Un’esperienza affascinante e molto soddisfacente. La scrittura è elegante, intelligente e garbata, la storia intrigante e profonda, il risultato ottimo.
TRAMA
Lugano, 1881. Una banda di ladri penetra nel castello di Trevano e fa razzia di preziosi. Poco dopo Vera von Derwies, figlia del barone proprietario del castello, muore in seguito a una caduta da cavallo. E nei giorni seguenti la tragedia torna ad abbattersi sul castello: vengono trovati senza vita lo stesso barone e un giovane inserviente, Nuto. Cinquant’anni dopo, l’anziana Liside chiama al proprio capezzale il figlioccio Ezechiele Beretta, massima autorità della polizia cittadina, e gli chiede di indagare sulla morte di Vera. Ormai prossima alla fine, la donna – all’epoca dei fatti in servizio al castello – non riesce a darsi pace: è convinta che quella caduta da cavallo non sia stata accidentale. Nonostante le circostanze della richiesta e le prove inconsistenti, Beretta si interessa al caso: assistito dall’appuntato Bernasconi appura che le teorie di Liside sono più plausibili del previsto, e qualcosa non quadra neanche nella morte del povero.
La ruggine del tempo
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