AAA: ARTE, AFA, ASSASSINIO. PRESTARE LA MASSIMA ATTENZIONE.
di BARBARA MONTEVERDI
Karin Klinga è un’ispettrice di polizia cinquantaduenne, rigida, determinata e permalosetta. La sua vita da neo divorziata convinta, fatta di piccoli riti, jogging, cibi sani e una vista spettacolare sulla città dal dodicesimo piano del suo appartamento da single, viene scompigliata da un momentaneo trasferimento lavorativo in una regione rurale al centro della Svezia. E c‘è Majja Skog, giovane espertissima d’arte, quasi stregonesca, dall’aspetto punk e una femminilità tenuta molto, ma molto sotto controllo.
L’incontro di queste due personalità, con un morto ammazzato nel mezzo, risulterà interessante. E imprevedibile.
Hélène Gullberg non si dilunga in descrizioni paesaggistiche di lande innevate (anche perché siamo in piena estate e pare che in Svezia si faccia tanta fatica a sopportare temperature per noi primaverili) e i suoi personaggi sono tutti piuttosto decisi, a volte scontrosi, ma sicuramente mai banali, così questo giallo, sebbene ambientato nel profondo Nord, ci ricorda alcuni angoli della Foresta Nera o della Gran Bretagna rurale: maschi ruvidi e donne spicce (ma gli aggettivi sono assolutamente intercambiabili).
A pagina 130 si inciampa anche in un “giallo lessicale”: il termine infrazione utilizzato in luogo di effrazione. Probabilmente si tratta di un semplice refuso, ma sono andata a spulciare nel dizionario (quando si nasce acide, non si diventa zuccherine) e ho scoperto che esiste un raro uso del termine infrazione per indicare una rottura. Quindi, parlando di serrature forzate, con un po’ di immaginazione ci potrebbe stare. E noi ci dobbiamo tenere il dubbio, cosa che aggiunge una nota piccante a un racconto ben articolato, ma non particolarmente teso.
Questo è, in effetti, il vulnus del romanzo: sebbene ottimamente ambientato, accade poco e i sospetti, che vengono equamente distribuiti tra gli eventuali responsabili dell’omicidio di un anzianissimo mercante d’arte di onestà non specchiatissima, non fanno fremere il lettore. Il passo di Hélène Gullberg è sicuro ma lento, l’indagine si sviluppa in una manciata di giorni che sembrano dilatarsi all’infinito, perché i continui rimandi ad accadimenti passati e i flash back dell’indefinibile Majja prendono il sopravvento sul resto.
Ovviamente, tutto questo servirà a svelare i motivi della morte violenta su cui la polizia indaga, ma l’impostazione del romanzo risulta un po’ troppo statica.
Però non crediate di annoiarvi perché – sempre che siate interessati al mondo dell’arte – l’autrice svela parecchi segreti legati alla valutazione di oggetti antichi, alla loro conservazione, ai trucchi usati per invecchiare qualche falso e permette al lettore di sbirciare, attraverso spiragli di usci accostati, l’attività di un mondo parallelo fatto di passione, follia accumulatoria, torbido piacere di possesso, smania di denaro o semplice amore per gli oggetti antichi (quest’ultimo, sentimento piuttosto raro da scovare nella sua forma più pura. Un vero diamante solitario).
Mentre andava verso l’ufficio di Charlotte Morner, pensò che era comunque strano che non avesse mai rotto niente, con tutti gli oggetti che le erano passati tra le mani. Ma Sten le aveva insegnato fin dal primo istante a non reggere mai niente dai manici o dalle maniglie, ma sempre e solo prendendo in mano il corpo dell’oggetto. E sempre usando entrambe le mani. Valeva tanto per le costose ceramiche Ming di Sten quanto per le tazze da caffè sbeccate di Inger, a prescindere dal fatto che il tè caldo le bruciasse le dita. E quando qualcosa veniva impacchettato o si apriva una scatola, bisognava sempre farlo su una base morbida. Era una cosa che le era entrata nel DNA.
Da questo punto di vista, un vero manuale di sopravvivenza per i neofiti dell’arte. E segnatevi il termine sopravvivenza, ne avrete bisogno se deciderete di entrare in questa realtà.
TRAMA
Un granaio. Color rosso Falun, così tipico della Svezia centrale, ma ormai dilavato dal tempo. Un posto insignificante, uguale a mille altri agli occhi dei turisti. Un cartello, fuori, che recita Mercatino delle pulci. Ma per Sten Hammar, ex armatore e collezionista, è il Taj Mahal. Perché lì dentro, fra mucchi di carabattole, vecchie ceramiche, paralumi plissettati e quadretti a punto croce, brillano nel buio pezzi dal valore inestimabile. Almeno per chi, come Sten Hammar, li sa riconoscere. Malgrado la probabile provenienza illecita, Hammar è disposto a tutto pur di accaparrarseli. Anche a prendere sotto la sua ala quella bambina, figlia del padrone del granaio che, in cambio, terrà in serbo per lui le antichità più preziose. Vent’anni dopo, 2018. Sten Hammar viene ritrovato ucciso nella sua tenuta di Hammarnäs. La villa, che tradisce una ricchezza enorme, è zeppa di tesori raccolti nel corso di una vita dedicata all’arte. A un primo sguardo non manca niente: o almeno così crede la detective di Stoccolma Karin Klinga, temporaneamente trasferita in quelle campagne. Per accertarsene, Klinga dà l’incarico di valutare la collezione a Majja Skog, un’esperta della Wallius, la casa d’aste più famosa della capitale, la Lisbeth Salander dell’arte, come la chiamano i colleghi: dura, laconica, ipercompetente. Majja che viene proprio dalla regione dove è stato ucciso Sten Hammar. Che a Hammarnäs ha passato tutte le domeniche della sua adolescenza. Che di Sten Hammar è stata la protetta. Majja che, ora, quando le chiedono se conosceva la vittima, nega. Perché non si conosce chi ci ha tradito. Chi ci ha nascosto una verità che è venuto il momento di portare a galla.
Traduzione: Gabriella Diverio
La protetta
AAA: ARTE, AFA, ASSASSINIO. PRESTARE LA MASSIMA ATTENZIONE. di BARBARA MONTEVERDI Karin Klinga è un’ispettrice di polizia cinquantaduenne, rigida, determinata e permalosetta. La sua vita da neo ...