SCOZIA SENZA REQUIE NEL 2051.
di BARBARA MONTEVERDI
Peter May, classe 1951, ha ambientato questo thriller distopico cent’anni dopo la sua nascita e il mondo che descrive, sebbene non così avveniristico come si potrebbe credere, è decisamente agghiacciante. Se la parte sudequatoriale del pianeta frigge sotto un sole ormai insopportabile e le popolazioni premono verso l’Europa con numeri da togliere il fiato, la Scozia è semi-allagata da piogge costanti che hanno fatto esondare i fiumi, il livello degli oceani si è alzato seppellendo villaggi e città costiere e le Highlands sono coperte da ghiacci e sottoposte a continue tempeste di neve.
Cameron Brodie, detective di Glasgow dalla salute più che precaria e conoscitore di queste montagne, giunge in missione per seguire il caso di un giornalista ritrovato congelato dalla morsa dei ghiacci dalla giovane meteorologa Addie Brodie, figlia poco filiale del protagonista, col quale ha rotto i ponti da un decennio.
Come si vede, c’è tanta carne al fuoco: una morte sospetta, gravissimi e forse irreversibili cambiamenti climatici, rapporti personali lacerati e laceranti e la bravura dell’autore sta proprio nel gestire con equilibrio tutti questi argomenti, riuscendo a far trattenere il fiato al lettore su ogni aspetto che affronta senza soluzione di continuità.
Un esempio? Ecco la descrizione del salone dell’hotel in cui Brodie è ospitato.
Le finestre del bovindo andavano dal pavimento in legno fino al soffitto e in estate si aprivano su una terrazza con una vista completa del loch, in basso. Ma in quel momento non si vedeva nessun panorama. Oltre i vetri sporchi di pioggia, che distorcevano i riflessi, c’era solo il buio. Nonostante si trattasse di doppi vetri, le fiamme delle candele si piegavano per la corrente d’aria e i vetri si curvavano sotto la forza del vento. Brodie rabbrividiva, a dispetto del relativo calore proveniente dal fuoco acceso da Brannan. Un tavolo da biliardo incombeva in un angolo, e le palle di una partita mai terminata proiettavano ombre sul panno verde.
Caspita, c’è proprio tutto: atmosfera gotica, pioggia, vento da fine del mondo, penombra e freddo. E pensare che Brodie, per eccesso d’ansia, non è mai riuscito a seguire fino in fondo il film Shining! Ed è proprio in questo hotel piuttosto respingente che i primi colpi di scena si susseguono con ritmo costante, ma ben calibrato. Il malessere di Cameron Brodie cresce come pane lievitato e il lettore entra nella pelle di questo personaggio sofferente d’anima e corpo, condividendo con lui emozioni e ricordi. Che sono parecchi, dolorosissimi, e permettono di distogliere l’attenzione da una situazione ad altissimo grado di ansietà solo per trasferirla su un’altra, equivalente. Un attimo di respiro, mai.
Così, tra sobbalzi e commozione – sentimento sempre presente, vista la carica di umanità che l’autore semina nel suo racconto – il libro si legge tutto d’un fiato con grande coinvolgimento, lasciando un sapore molto amaro in bocca e la convinzione che noi esseri umani siamo davvero a un passo dal baratro. Per pura stupidità.
TRAMA
Tra i ghiacci che ricoprono ormai da tempo le Highlands scozzesi, una giovane meteorologa si imbatte nel cadavere di uno sconosciuto. Il mondo sarà anche cambiato ma gli uomini no, e le ragioni per uccidere restano sempre le stesse. Il corpo di Charles Younger, un giornalista scomodo, viene recuperato in un ghiacciaio. Younger non era un escursionista e il suo ritrovamento in montagna ha una sola spiegazione: seguiva una storia. Questa almeno è l’opinione di Cameron Brodie, il detective arrivato da Glasgow per seguire il caso. Ormai a fine carriera, Brodie ha sulle spalle una diagnosi implacabile e varie ragioni, anche personali, per trovarsi sulle Highlands. E mentre l’ennesima tormenta taglia fuori dal mondo i villaggi scozzesi, Brodie ha la conferma di come il male possa annidarsi ovunque, più vicino di quanto potesse mai immaginare. «L’uomo è direttamente sopra di lei, incastonato nel ghiaccio. È a faccia in giù, con le braccia lungo i fianchi, occhi e bocca aperti, e la fissa come se fosse ancora vivo. Ma non c’è aria nei suoi polmoni, né vita nei suoi occhi. E l’urlo di Addie echeggia in tutto il Coire an dà Loch».
Traduzione: Alfredo Colitto
Il rumore del ghiaccio
SCOZIA SENZA REQUIE NEL 2051. di BARBARA MONTEVERDI Peter May, classe 1951, ha ambientato questo thriller distopico cent’anni dopo la sua nascita e il mondo che descrive, sebbene non così ...