Sempre più,da tempo, vista la moltitudine di scritti pubblicati, si ricerca l’originalità nello stile o nella costruzione del romanzo. Era da tempo che non leggevamo un libro dove la ricerca dell’originalità era nella trama. Questo è il romanzo di Marco G. Dibenedetto.
L’ispettore aveva i nervi tesi, non gli piaceva quello che aveva davanti. Un ragazzo picchiato, massacrato e abbandonato come se fosse solo carne morta. Era in fin di vita e lui, l’ispettore di polizia Rubatto, pregò per un secondo che potesse continuare a vivere. Non sapeva perché, ma quel viso malconcio gli era arrivato diritto al cuore. Il petto dell’ispettore si strinse in una morsa di compassione. Lui non era credente, ma in quell’istante solo una forza ultraterrena poteva salvare quella vita. Stiamo diventando sempre più crudeli e senza nessuno scrupolo, pensò.
Un omosessuale viene ucciso, e come lui prima altri 4 ragazzi. Ma questo delitto è diverso dagli altri, l’assassino lascia una traccia, un ciondolo con inciso la scritta Vae Victis. Ma cosa vuol dire? Ma niente è come sembra e la storia subisce uno strano capovolgimento. Tra night club, professionisti insospettabili ed entraineuse si svolge la terza indagine dell’ispettore Rubatto sempre a Torino tra il parco del Valentino e San Salvario.
Anche se un “giallo contemporaneo” lo mettiamo nella categoria dei “gialli gay” perchè Dibenedetto affronta in maniera molto interessante l’omofobia in questo suo romanzo della serie dell’ispettore Rubatto. Ma cominciamo per gradi a parlavi di questo romanzo. Innanzitutto in 160 pagine l’autore ci racconta una vicenda facendo parlare tutti i protagonisti, mostrandoci tutti i punti di vista, cosa non facile che a lui riesce bene. La narrazione si svolge in 5 giorni e nella coralità della narrazione e grazie alla suspense Dibenedetto riesce a tenere incollato il lettore alle pagine.
Altro punto interessante è la trama, il lettore viene messo a conoscenza quasi da subito sull’identità dell’autore dei delitti omofobi, ma non sarà l’unica cosa che sconvolgerà l’ispettore perchè ad un certo punto i carnefici diventeranno le vittime, e chi è il giustiziere? Questo è il grande quesito di Marco G. Dibenedetto. Da buon psicologo l’autore, che è la sua professione, ci parla anche di odio per il diverso, in questo caso un odio riversato su persone omosessuali, ma che rappresentano all’occhio del carnefice il diverso, non ci spiega e non si capisce da dove nasca questa rabbia verso l’altro e forse, anche questo, è un altro punto interessante della narrazione. Tutto questo è un gioco che nasce dalla noia.
Ma dovete leggere questo romanzo fino alla fine per capire un altro aspetto molto sottovalutato, per alcuni anche inverosimile, che spinge qualcuno ad odiare il prossimo. Dibenedetto gioca con la suspense che non è travolgente ma sottile e costante in tutto il romanzo e ti spinge a divorarlo perchè la vendetta pone all’ispettore un grande quesito, che non rientra nelle sue corde di difensore della legge, ma che ad un certo punto sembra accettare.
Una scrittura lineare che tende ad evidenziare l’aspetto psicologico più di quello stilistico, nella narrazione quotidiana dei vari protagonisti molto efficaci sono i giochi prospettici che crea. Sconvolgente inizialmente ma comprensibile nella sua figura la reazione dell’ispettore Rubatto quando scopre che i ragazzi erano tutti omosessuali, un momento di onestà intellettuale.
Musica consigliata: Dominance of violence soprattutto per un verso dove l’autore si chiede “lottare per l’uguaglianza ti dà il diritto di uccidere?”, dove l’uguaglianza può anche essere intesa come uguaglianza di superiorità
Editore: Golem Edizioni
Anno: 2014