UNA TORINO ESOTERICA ALL’OMBRA DI LOMBROSO
Torino, 12 dicembre 2011. Mentre la città dove si celebra il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia è immersa nel torpore dell’inverno, nel Museo di Antropologia Criminale intitolato a Cesare Lombroso viene ritrovato il corpo senza vita del direttore Luigi Dal Masso. Che è stato ucciso in modo particolarmente efferato: reso dapprima inoffensivo e inerte dall’iniezione d’una neurotossina che gli ha inibito i movimenti – pur lasciandone forse malvagiamente desti i sensi -, l’uomo è stato poi decapitato.
La sua testa, ordinatamente disposta su uno scaffale, campeggia accanto a quelle dei criminali che Cesare Lombroso aveva raccolto e catalogato per i suoi studi sull’atavismo criminale, ovvero sull’innata predisposizione al delitto di alcuni soggetti.
Lombroso era infatti convinto che la costituzione fisica fosse la più potente causa di criminalità e nella sua analisi attribuiva particolare importanza ai crani: di qui la raccolta e catalogazione di teste di briganti e criminali comuni condannati all’esecuzione capitale negli anni successivi all’unità d’Italia (col conseguente esplodere del fenomeno meridionale del brigantaggio, i cui esponenti si dichiaravano spesso ribelli al nuovo regno sabaudo e fedeli ai vecchi sovrani borbonici).
Tra le altre collezioni, infatti, il Museo raccoglie appunto “le teste di numerosi criminali e briganti meridionali che lo scienziato esaminava per comprendere l’origine del comportamento deviante e criminale”, spiccandole dal busto dei cadaveri e portandosele nel suo studio.
A indagare su quella che sembrerebbe a prima vista l’opera d’un pazzo, ma che come atto dimostrativo (per quanto atroce) o vera e propria esecuzione potrebbe appunto essere riconducibile anche ai numerosi esponenti di gruppi meridionalisti e neoborbonici che si sono opposti con veemenza alla riapertura e poi alla permanenza in vita del Museo, sono il commissario Paolo Moretti della questura di corso Vinzaglio e i suoi collaboratori: Claudia Bonivènt, “giovane e bella investigatrice… i suoi occhi azzurri e la voce calma e suadente traggono in inganno…”; l’agente Simone La Guardia, “un ragazzone biondo di 25 anni” che ha seguito l’indicazione insita nel proprio nome e l’arrogante, provocatorio Luca Brero, che ce l’ha un po’ con tutti (ma soprattutto con chi viene dal Sud del mondo, Napoli o il Marocco importa poco).
A complicare le cose ci si mette poi anche il nuovo pm Vittorio Pautasso, trasferito da Palermo per sospette collusioni con la mafia e ansioso di riabilitarsi con una tempistica investigativa da Guinness dei primati, il quale cercherà appunto d’indurre Moretti a chiudere le indagini il prima possibile sbattendo in prima pagina il colpevole di turno, che naturalmente si rivelerà sbagliato.
E inspiegabile appare anche la scomparsa d’un misterioso diario appartenuto proprio a Lombroso, che sembrerebbe avervi annotato le sue esperienze da occultista, dopo l’abbandono del positivismo scientifico e il progressivo avvicinamento all’universo dello spiritismo e del paranormale determinato dall’incontro con la celebre medium Eusepia Palladino: diario che il direttore del Museo aveva scoperto per caso e che risulta adesso introvabile.
Questo l’inizio de Il diario Lombroso e il killer dei musei, romanzo d’esordio di Enzo Orlando edito da Bonfirraro Editore per la collana giallonero. Un giallo che ha tra i suoi punti di forza l’ambientazione in una Torino storicamente percorsa da suggestioni esoteriche, come la giovane Claudia, appassionata cultrice dei fumetti aventi come protagonista l’indagatore dell’occulto Dylan Dog, racconta a uno stupito Simone:
Questa chiesa si trova nella parte bianca della città, quella dove scorre energia positiva, mentre la parte nera corrisponde alla zona di Piazza Statuto, dove pare vi fosse una necropoli romana. Questa chiesa, comunque, è legata al mistero del Santo Graal. La statua alla sinistra dell’ingresso, che rappresenta la Fede, guarda in direzione della città e ha un calice nella mano. Fisserebbe il punto in cui si ipotizza potrebbe essere stato nascosto il Graal stesso.
Nel capoluogo piemontese “da sempre simbolo del culto massonico e della magia nera”, dove transitarono Casanova e il conte di Cagliostro – e forse pure Nostradamus – e nel 1856 fu fondata la prima società spiritica italiana si snodano dunque, tra eleganti palazzine liberty, sfuggenti associazioni massoniche ed enigmatiche baronesse dalle doti medianiche, le indagini del commissario Moretti e della sua squadra, in un thriller che innerva il contesto storico-esoterico su una trama gialla semplice ma ben delineata.
Tra i personaggi più interessanti quelli della giovane ispettrice (il cui passato cela un evento traumatico) e del commissario, sospeso tra il rimpianto per la moglie perduta e la voglia di tornare a vivere.
Editore: Bonfirraro
Anno: 2017