Il cocchiere del diavolo

Il cocchiere del diavolo

BRIVIDI E MISTERI NELLE CAMPAGNE FERRARESI

Per chi conosce la bassa ferrarese questo romanzo è un tuffo in una realtà rurale ancora molto viva e significativa. Per chi non ne sa nulla, è un’ottima occasione per respirare un po’ di quell’aria greve e umida all’impossibile, ma ricchissima di suggestioni. Come sa bene l’autore, ferrarese di origini e d’animo.

Il romanzo ruota attorno ad una antica e imponente macina da mulino scoperta nel greto del fiume durante i lavori per il recupero di una bomba inesplosa della Seconda Guerra Mondiale. Apparentemente privo di valore storico, questo manufatto scatena una guerra sotterranea per il suo possesso, che sfocia in una serie di morti su cui non è facile indagare, anche grazie ad uno spirito omertoso che non è evidentemente caratteristico solo degli ambienti malavitosi.

-Buongiorno signor Molinari, come sta?- chiese il maresciallo.
-Bene. Cosa vuole da me?-
-Dov’era stanotte?- Molinari divenne guardingo, dietro alla barba non fatta. -Siamo andati  a pescare anguille, con degli amici.-
-Immagino che questi amici potranno confermare…-
(…)Molinari era andato a scavar sabbia, di notte, con i suoi uomini, lungo le anse del Po. Tutti quelli dell’equipaggio, sia dipendenti che pensionati, erano già d’accordo. Se il giorno dopo qualcuno avesse chiesto “dove sei stato  stanotte?” la risposta doveva essere la stessa per tutti: “ad ingueilli”.

Il professor Sabbatini – esperto di Storia ed appassionato di reperti archeologici – coadiuvato da uno studente universitario interessato al caso anche in previsione di una tesi di laurea, inizia un’inchiesta personale che collega l’anno Mille con i giorni nostri ed intorno ai due segugi dilettanti cominciano a morire più persone di quante Ponte Vecchio abbia mai visto negli ultimi decenni. Un caso? Forse, però…

Il tono del racconto è sempre sottilmente ironico ed affettuoso, a rimarcare i legami dell’autore con queste terre, ma con il proseguire della vicenda le tinte si fanno fosche  e l’ambiente assume un aspetto molto meno rassicurante.

Si arriva agilmente alla fine di questo giallo storico-rurale e rimane impigliato nel naso l’odore opaco dell’acqua del Po e della nebbia (il che, da cremonese quale sono, mi fa sentire parecchio “a casa”); trovo, però, che sarebbe stato preferibile un finale meno gotico, più iin linea con il resto del racconto che, sebbene cupo, non è mai eccessivo.

E’ anche vero che il pensiero va al ravennate Eraldo Baldini che spesso ci colpisce con le sue trame truci, perciò immagino che le soluzioni definitive e truculente siano una forma mentale insita negli scrittori di quelle terre (apparentemente) pacifiche.

Concludendo, ho trovato la lettura piacevole e a tratti divertente e – sebbene scorra come un fiume – lascia il segno.

Editore: Faust Edizioni
Anno: 2020