LA VIOLENZA HA IL GUSTO DEL MARE
Noir di chiarissima (e dichiarata) impronta teatrale, che rappresenta sicuramente il suo punto forte.
Due uomini rinchiusi nella stessa cella: uno è un poliziotto sotto copertura che deve convincere l’altro ad evadere con lui. Non sappiamo chi è chi e- dopo poco- non ci interessa neppure perché quel che conta è il loro rapporto fatto di conflitti e complicità, un legame inspiegabile di intima e feroce solidarietà umana.
Fu una lunga notte, popolata di strani sospiri. I due non chiusero occhio. Con le mani sotto la testa, fissarono per ore la lampada blu ricoperta di polvere, pensando alla loro nuova condizione. (…) Non scambiarono una parola. Ogni tanto si voltavano e si imbattevano nello scintillio biancastro degli occhi del compagno. Allora si rimettevano sulla schiena e fissavano il soffitto troppo alto della cella, dove si apriva una finestrella protetta da una grata. Quell’apertura sembrava una bocca immonda e malefica che rideva delle loro sventure.
Questo è un romanzo fatto di sguardi, atmosfere e fisicità che prende il lettore dalle primissime righe e non gli permette di allontanarsi fino all’ultima pagina. Il fatto che il libro sia poco corposo ha il solo difetto di far nascere un certo rimpianto per una lettura appassionante, intelligente, profonda, ma troppo breve per il lettore ormai avvolto da un’atmosfera quasi shakespeariana (impossibile non pensare a La Tempesta, nella seconda metà del libro).
Un racconto dolentissimo, una prova d’autore davvero di livello.
Traduzione: Elena Cappellini
I bastardi vanno all'inferno
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