Hotel del Gran Cervo

Hotel del Gran Cervo

INDAGINE TRA LITRI DI BIRRA E PATATINE FRITTE, UN ISPETTORE MEMORABILE

Alle volte è difficile definire un romanzo sopratutto quando si parla di giallo. Ma non parlo del genere, parlo proprio dello stile di Bartelt. Uno stile costruito per un personaggio, Vertigo Kulbertus,  ed uno stile costruito per il romanzo. Eh sì, sembra strano e detta così può sembrare una scelta abbastanza azzardata ma cerco di spiegarmi meglio. La quarta di copertina del romanzo parla di un divertentissimo giallo con un protagonista memorabile. E lo si affronta così, con il consiglio dell’editore, ma il romanzo nei primi capitoli è un romanzo giallo come tanti altri, scritto bene con dei personaggi interessanti e delle storie che subito ti trascinano in un tourbillon incomprensibile. Ma poi arriva lui, l’ispettore Kulbertus, e tutto cambia, tutto prende la forma del comico, del paradosso e dell’inverosimile.

Bartelt, vincitore del Grand Prix de l’humour noir, crea intorno al suo protagonista un’aurea paradossale e comica che lo contraddistinguono da tutti gli altri personaggi ma non li contamina. Un ispettore obeso che ingrassa giorno dopo giorno, che mangia solo patatine fritte e beve litri di birra senza schiuma, anticonvenzionale nei modi e negli interrogatori, ci porta nella sua folle visione verso la conclusione di una storia che rientra nei canoni del giallo deduttivo.

Per bilanciare il tutto e non disperdere il lettore nei voli pindarici di Kulbertus, l’autore gli affianca dei protagonisti molto reali che si muovono in questo paesino delle Ardenne riportandoci alla realtà degli accadimenti. Vertigo, non so se effettivo o involontario omaggio ad Hitchcock, è una figura surreale che riesce comunque, grazie anche alle sue intuizioni, a destreggiarsi nel romanzo regalandoci veramente delle risate ma anche molte  riflessioni, una molto interessante è nel finale quando Vertigo dice a Nicholas: “Solo nei romanzi conosciamo il finale della storia. Nella vita, non si arriva mai a sapere tutto”.

Si parte, come d’obbligo vuole la quotidianità, con un cold case, un’attrice morta quarant’anni prima in un albergo di Reugny, l’hotel Gran Cervo. C’è Nicholas che vuole fare un documentario sulla vita di questa attrice e c’è un paesino che gira intorno ad un centro motivazionale di Richard Lépine. E ci sono dei morti, morti adesso nell’ultima estate del xx secolo. Punto di forza del romanzo di Bartelt è anche la collocazione temporale, che viene definita all’inizio ma che poi, a parte due o tre volte dove si nominano i cellulari, non viene più messa in risalto dando al romanzo quel senso di universalità difficile da trovare.

L’ispettore Vertigo Kulbertus, almeno per la stazza, costituiva da solo la metà degli effettivi della polizia belga. Da venticinque anni non si pesava più, e i medici, come anche i suoi superiori, avevano rinunciato a farlo dimagrire. Aveva fatto dell’obesità la sua specialità, come altri fanno con l’alpinismo o la maratona. Ad ogni modo, era molto più famoso per il suo peso che per la sua capacità di risolvere i casi. Non era un cattivo poliziotto, ma aveva avuto una carriera sfortunata. Da giovane, aveva condotto con impegno le indagini più spinose, più aggrovigliate, ma ogni volta che si apprestava a mettere le mani sul colpevole, l’amministrazione lo dirottava d’urgenza su casi insignificanti, scippi, furti d’auto, liti tra dirimpettai, schiamazzi notturni e altre inezie.

La costruzione del romanzo che si basa molto sui dialoghi e che accentra l’attenzione del lettore sulle parole, come faceva Simenon, si sposa perfettamente con lo sviluppo della storia. Ma nel romanzo di Bartlet c’è anche la figura e le abitudini dell’ispettore che omaggiano, estremizzandoli, il personaggio creato da Simenon: Maigret. La suspense è alle volte sacrificata dall’humor nero di Kulbertus ma riesce a bilanciare perfettamente la mancanza dell’ingombrante ispettore. Ed effettivamente la mole di Vertigo si sente tutta sul romanzo, lui sorregge ma allo stesso tempo è la caratteristica che renderà questo romanzo un classico divertente da leggere assolutamente.

Traduzione: Elena Cappellini

Editore: Feltrinelli
Anno: 2018