Il manoscritto - Blog Tour

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La recensione in anteprima del nuovo romanzo di Franck Thilliez pubblicato da Fazi Editore tocca a noi. Seconda tappa del blogtour a lui dedicato. Eccovi intanto tutte le tappe:

2 settembre: Thriller Magazine – Presentazione ed estratto
4 settembre: I 5 motivi per leggere il romanzo – Penna d’oro
6 settembre: Le ambientazioni – Thriller Nord
9 settembre: I personaggi – La bottega dei libri
10 settembre: Il tema del doppio – Chili di libri

UN THRILLER ALL’AMERICANA SENZA RESPIRO

Franck Thilliez è uno scrittore francese che nel suo paese ha conquistato più di 150.000 lettori con i suoi thriller mozzafiato. Ha vinto il Prix des lecteurs Quai du polar 2006 e Prix SNCF du polar française nel 2007, e già con palmares del genere le attese per questo suo nuovo romanzo non sono poche. E sono tutte esaudite.

Ma partiamo con ordine, il titolo “Il manoscritto” che in francese era “Il manoscritto incompiuto” ci racconta di un romanzo, un romanzo incompiuto e scritto da Caleb Traskman. Con tanto di prefazione del figlio J-L (forse Jean Louis, ma questo non ci è dato saperlo) che mette subito il lettore sull’attenti cercando di capire dove Thilliez ci vuole portare. In poche parole Thilliez ci racconta di questo J-L che trova un romanzo del padre incompiuto. In questo romanzo si narra di una scrittrice che a sua volta ha pubblicato un romanzo dal titolo “Il manoscritto incompiuto”. E da questo presupposto parte tutto.

L’inizio un po’ alla “Mille e una notte” dove il romanzo è nel romanzo stesso, lascia subito spazio ad una vicenda coinvolgente e trascinante. Questa prefazione, così esigua rispetto alla mole del romanzo, la si dimentica presto lasciandoci trasportare dalle vicende della scrittrice, di suo marito e di sua figlia scomparsa da 4 anni. Quando la storia volge al termine, il lettore viene riportato all’inizio, questo romanzo è incompiuto. Il finale lo ha scritto il figlio che lo ha ereditato. E si sente, ci viene segnalato questo cambio ma lo si nota anche nella scrittura dello stesso Thilliez.

Un operazione non semplice se si pensa anche alla trama, al fatto che sia contorta al punto tale di non lasciare respiro al lettore. I colpi di scena si susseguono in maniera semplice e logica, i capitoli sono tagliati nel punto giusto, hanno la lunghezza adatta a creare una suspense all’americana. La storia, o meglio le storie, che all’inizio sembrano così lontane si avvicinano come delle autoscontro, si toccano e si allontanano. Fino ad un inevitabile ricongiungimento. Ricongiungimento che esiste per il lettore perché le storie, pur toccandosi mantengono una loro spina dorsale che gli permette di esistere indipendentemente dal resto.

Le tematiche thriller ci sono tutte, dal serial killer alla metodologia d’uccisione. Dai rapimenti alle uccisioni, passando dalle perversioni delle essere umano. Un romanzo crudo, per molti versi forte ma sviluppato con opportuna delicatezza e senza troppo dilungarsi in descrizioni che servono solo a distogliere il lettore dal centro. Una trama complicata, con tanti personaggi ma che riesce a rimanere nei tempi giusti per sancirne il ritmo.

Thilliez viene paragonato a grandi scrittori francesi suoi contemporanei, anche se lui dimostra di avere una marcia in più. Conosce a fondo la trama nei suoi minimi dettagli, non perde tempo. Sicuramente un romanzo che ha richiesto, da parte dell’autore una enorme fase preparatoria. Un romanzo da leggere d’un fiato e che alla fine vi lascerà a bocca aperta, non posso dirvi se per il finale o se per la ricerca d’aria che a quel punto vi mancherà.

“Prima, solo una parola: xifoforo”. Comincia così il libro di mio padre Caleb Traskman. Ho scovato il manoscritto in uno scatolone in fondo alla sua soffitta, dove aveva la fastidiosa tendenza ad accumulare di tutto. Il pacco di fogli formato A4 si nascondeva in quel caos da un anno, ben al caldo sotto un abbaino che, quell’estate, faceva entrare una bella luce del nord.

Traduzione di Federica Angelini

Editore: Fazi Editore
Anno: 2019