TRA I LIBRI LE SCENEGGIATURE? SCELGO I LIBRI

di Antonia Del Sambro

 

Patrizia Fassio, nel corso degli anni,  si è mossa con disinvoltura e sapienza tra sceneggiature e pubblicazioni di narrativa, firmando serie di assoluto successo per la televisione italiana come Squadra mobile scomparsi, I ragazzi del muretto, Cuore contro cuore, Provaci ancora prof  e tanti altri successi apprezzati e amati da tanti spettatori di ogni età. In attesa dei suoi nuovi lavori per la televisione e per l’editoria, abbiamo deciso di farci raccontare qualcosa del suo lavoro e dei suoi successi. E questa è l’intervista esclusiva per i lettori del nostro blog.

 Benvenuta Patrizia. Grazie per aver accettato questa intervista. Voglio chiederti subito cosa ti ha portato a diventare sceneggiatrice, è sempre stato questo il tuo sogno o ti ci sei trovata per puro caso scoprendo poi di essere pure bravissima? 

A sei anni ho scritto la mia prima “poesia”. Erano solo poche righe ma le ricordo ancora: “Mamma, papà, tenetevi per mano. Guardatevi negli occhi così, per sempre”.  Io la consideravo una poesia, ma non era altro che il pensiero di una bambina. Alle medie ho iniziato a scrivere racconti ed ero già una osservatrice attenta della realtà che mi circondava.  Ho continuato a scrivere per conto mio, fino a quando non ci fu un concorso alla Rai che ebbi la fortuna di vincere. La mia carriera di sceneggiatrice ebbe inizio allora, anche se il mio sogno era quello di scrivere romanzi.

Tu hai sceneggiato serie di grandissimo successo che un po’ tuti hanno guardato sia in Rai che in Mediaset, ma a quale lavoro ti senti più legata a livello di storia, personaggi, scrittura vera e propria?

I ragazzi del muretto

Sì proprio i ragazzi del muretto, perché era un progetto sperimentale, innovativo.  Aveva due finalità molto interessanti per gli anni in cui venne concepito: la serialità e la cifra realistica. Negli anni ottanta la serialità televisiva in Italia non era ancora contemplata e le storie che venivano scritte erano troppo addomesticate, a mio avviso, ad una narrazione mainstream e di fruizione intergenerazionale e generalista. Nei ragazzi del muretto abbiamo voluto raccontare la vita vera dei giovani di allora e per ottenere questo risultato abbiamo intervistato molti adolescenti dell’età dei nostri personaggi.  E non solo: gli attori ingaggiati non avevano mai recitato prima. Insomma, non erano attori e ciò contribuì notevolmente all’effetto realistico della serie. Il successo di questo programma, da quanto risultò all’epoca, era da attribuirsi al fatto che i giovani spettatori si riconoscessero in pieno nei caratteri e nelle vicende che avevamo narrato.

Al tuo attivo hai anche due romanzi gialli e quindi non posso non chiederti come è il tuo approccio alle due differenti scritture, quali delle due ti intriga o ti mette alla prova maggiormente e perché?   

Mi intrigano tutte e due le forme di narrazione che poi, seppur diverse tra loro, rispettano alcune regole, e guarda caso, le stesse, in quanto gli elementi descrittivi e quelli narrativi si devono fondere armoniosamente in entrambi i casi.  Tengo a precisare che molti autori non la pensano come me in quanto preferiscono esprimersi a briglia sciolta. Insomma, senza paletti. Credo che la scrittura permetta una maggiore libertà nello sviluppo delle storie, ma a mio avviso, così come nella fiction, occorre avere uno stretto controllo della “struttura”. Aggiungo che la narrazione scritta, offra una maggiore opportunità di approfondire i personaggi, permettendo all’autore di scavare a fondo nelle loro anime, svelandone così tutte le sfumature. La scrittura per la televisione, che ovviamente racconta per immagini e richiede ritmi veloci, per non perdere il cliffhanger, il gancio con lo spettatore, non consente di addentrarsi più di tanto nelle psicologie dei personaggi. Ed è per questo motivo che se mi mettessero di fronte alla scelta libri o sceneggiature, sicuramente opterei per i primi.

A cosa stai scrivendo di bello in questo momento? Puoi spoilerare qualcosa ai lettori del nostro blog?

Sto scrivendo il terzo giallo della serie “Natalia Solari”. La poliziotta in questione è un personaggio a cui sono affezionata e a cui penso spesso anche quando non mi occupo di lei. È una specie di alter ego con cui passare il tempo, molto simile a me ma più strutturata e meno fragile. Spero che la sua compagnia provochi un contagio caratteriale.  Scherzo, ma non sarebbe male perché ne uscirei migliorata.

Ultima curiosità: tu ce lo hai un posto del cuore dove solitamente ti metti a scrivere o quantomeno a raccogliere le idee?

Sì. Il bar, o i bar. Luoghi dove la gente passa ma non si ferma. Mondi in cui è possibile scrollarsi di dosso la quotidianità. Condizione necessaria per uscire da una gabbia invisibile ma che io percepisco e che frena la fantasia. Il tavolino a cui mi siedo ha accolto tante vite prima della mia, e io cerco di immaginarle.

E di farle diventare un racconto.

 

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