MILANO, MATRIGNA SEMPRE AMATA
di BARBARA MONTEVERDI
Già il titolo alletta: reminiscenze classiche e ironia padana fanno un bel connubio. Poi c’è Brandelli, uomo ruvido e disincantato, che vola molto malvolentieri (lo amo anche solo per questo), tanto da sciropparsi qualche andata/ritorno Milano-Oslo in auto, deluso dalla sua città al punto di trasferirsi in Norvegia con moglie e figlio, ma obbligato a rientrare in patria per senso di amicizia. Non tutti lo farebbero, lui lo fa.
L’ex socio Pippo è in coma, pestato a sangue, e va bene che fare l’investigatore privato comporta correre qualche rischio, ma lasciarci la pelle è un prezzo decisamente spropositato e Brandelli vuole vederci chiaro, per affetto e volontà di giustizia.
La scrittura di Andrea Ferrari è di quelle che non lascia scampo: dura, caustica, fitta, incisiva e severa. Sembra il connubio tra il sermone di un prete protestante e le litanie di un seguace d San Gennaro, spiazzante e agrodolce quanto basta, pieno di sorprese e ammonimenti, non lascia il tempo per distrarsi, bisogna essere sempre concentrati su quello che sta dicendo. E’ come quando lo si incontra di persona: non la fa lunga, ma aggancia con lo sguardo e che siano due o cinque minuti, lo si deve ascoltare.
A questo punto è chiaro che il suo noir non lo si legge per svago: la trama investigativa c’è e avanza alla grande, ma nel mezzo ci si trova storia e politica del territorio, sociologia, filosofia sociale, tutti argomenti tosti, trattati con serietà, anche se il tono è, a volte, ribaldo. Ma è una posa, l’autore è uomo profondo e dai principi solidi, non fidatevi della sua aria da eterno ragazzino, vi sta intortando.
Spesso aveva sentito paragonare Milano a un tritacarne, una specie di frullatore che macinava vite, corpi e denaro, senza soluzione di continuità, e spesso si era trovato d’accordo con questi paragoni invero un po’ troppo cruenti. Ora, dopo un’assenza di qualche tempo e con qualche abbozzo di radice che stava attecchendo in Norvegia, Brandelli si mise in ascolto e avvertì in un abbaglio il rumore di Milano sotto Milano. Gli sembrava di sentire i virgulti di vetro e cemento che spuntavano dalle viscere del sottosuolo, innesti che dal Pirellone avevano iniziato a colonizzare le fondamenta della città e che ora, dopo anni di maturazione e di pesticidi (…) spingevano da tutte le parti per germogliare e crescere in superficie.
E poi, il colpo di genio: seguendo Brandelli nella Milano ritrovata, l’autore riesce a infilarci nientemeno che Bossi, detective molto atipico di un’altra serie – così, tanto per solleticare la curiosità del lettore. Che poi, se già conosce le avventure dell’investigatore bergamasco, è un po’ come se tornasse a casa. Bella mossa Andrea.
Però, dopo tutto questo panegirico, sentitissimo per carità e anche sincero, una piccola critica all’autore sento di doverla fare, se non altro per preparare i lettori alle sue pagine davvero molto dense. Ecco, trovo che l’uso costante, ripetuto e quasi ossessivo delle metafore sia ridondante e che il romanzo non avrebbe risentito, nella sostanza, di qualche alleggerimento.
Ma per il resto, niente da dire; questa è una lettura intelligente e profonda da cui affiora un noir moderno e estremamente originale, con lingua e pensiero davvero inusuali e stimolanti. I personaggi che ruotano attorno a Brandelli non sono figurine messe lì a bella posta per fare avanzare il racconto: sono mattoni che edificano una Milano amata e respinta, amante e respingente. E sono anche un pezzetto di tutti noi. Da maneggiare con cura.
TRAMA
Brandelli, nel suo buen ritiro di Oslo, sembra aver finalmente trovato la propria dimensione. Riesce a gestire la nostalgia, anche se Milano è un ricordo sempre vivo nella sua mente. Un pomeriggio d’autunno, la città e i fantasmi che la popolano tornano, prepotentemente, a bussare alla sua porta. Pippo Marchioro, il socio di Brandelli che ora gestisce da solo l’agenzia sulla Martesana, è stato picchiato brutalmente ed è in coma. A comunicarglielo è l’avvocatessa Teresa Speggialetti, che gli chiede di tornare a Milano per indagare sugli ultimi casi a cui ha lavorato Pippo. Brandelli è di nuovo nella sua città, ma Milano nel frattempo è cambiata molto. Troppo, forse. Inoltre, il distanziamento sociale imposto per limitare il contagio della “Peste” ha rarefatto ancora di più le interazioni fra gli abitanti e ha esacerbato i conflitti sociali. Una città fredda, incattivita, ma ancora bellissima, giocherà al gatto e al topo con Brandelli, riaprendo ferite che entrambi credevano cicatrizzate, e minerà alle fondamenta quanto costruito dal detective nella sua cattività norvegese.
Molto livore per nulla
MILANO, MATRIGNA SEMPRE AMATA di BARBARA MONTEVERDI Già il titolo alletta: reminiscenze classiche e ironia padana fanno un bel connubio. Poi c’è Brandelli, uomo ruvido e disincantato, che vola ...