NON SI E’ MAI TROPPO LONTANI DAL MALE

di BARBARA MONTEVERDI

Romanzo breve, o racconto lungo, di un centinaio di pagine dense e piene di suspense, questo librino ha l’unico difetto di farsi leggere troppo velocemente.

Franco Ricciardiello ci presenta una Torino afosa nel giugno del 1971, tra le cui case dovrebbe aleggiare solo la molle sonnolenza della pennichella postprandiale e, invece, si scatena una violenza inaspettata che provoca due morti tra i militari alloggiati nel palazzo di via Sinagoga 4.

Il racconto è molto ben articolato, con riferimenti alla cronaca socio-politica dell’epoca (calda come l’estate in cui si svolgono i fatti), calibrati con attenzione per descrivere il clima emotivo di quell’epoca, senza appesantire la storia. Anche la psicologia dei personaggi – inquirenti e sospettati – è delineata con rapidi tocchi, poche parole precise per definire il quadro della situazione.

Viera cominciò a sudare. Malgrado fosse solo l’inizio di giugno, la bella stagione era già una cupola di afa sopra Torino. Invece di fare il solito giro lungo il Po, Beppino proseguì diritto davanti alle fabbriche chiuse. La domenica occorreva metà del tempo per arrivare dalla caserma al palazzo dove entrambi abitavano. Sperò che Milani non attaccasse con le consuete invettive sulla maniera di dare una lezione agli operai in sciopero; non faceva mistero di essere uno degli ufficiali che si erano messi a disposizione del principe Borghese, l’anno precedente, prima che il suo colpo di Stato da operetta si arenasse come una balena su un litorale.

Un altro aspetto che attira positivamente l’attenzione del lettore è il comportamento rispettoso, più che galante, di (alcuni) ufficiali nei confronti delle donne – mogli e figlie dei militari coinvolti nella vicenda: gli si offre il braccio per attraversare la strada, si usa la propria giacca per ripararle da un acquazzone improvviso, i colloqui investigativi sono sempre estremamente urbani. E’ apprezzabile lo sforzo dell’autore per marcare, anche attraverso il comportamento esteriore, una linea di confine tra le persone per bene e quelle per male.

Vorrei parlare a lungo di questo giallo formato mignon, e non posso perché finirei per raccontare una storia che merita di essere letta con attenzione e partecipazione emotiva. In poche pagine, Ricciardiello riesce a esprimere un’ampia gamma di sentimenti che attraversano l’animo dei suoi protagonisti. Alcuni di questi ci piacerebbe ritrovarli in un romanzo lungo, dove poter godere della loro intelligenza e umanità.

Speriamo che l’autore ci stia pensando.

TRAMA

L’estate del 1971 esplode improvvisa su Torino, ed esplodono pure due colpi di Beretta in un condominio dove abitano solo ufficiali dell’Esercito Italiano: le vittime sono un tenente colonnello implicato nel fallito golpe Borghese e il suo attendente, militare di leva. Nell’appartamento, oltre a loro, è presente soltanto la moglie dell’ufficiale, in stato d’incoscienza perché ha assunto una forte dose di barbiturici, forse per togliersi la vita. Dell’indagine è incaricato un flemmatico magistrato di mezza età, che si avvale di un maresciallo dei carabinieri di consumata esperienza, più incline a farsi coinvolgere nelle ragioni dei sospettati; i due si muoveranno in un ambiente corrotto dal tarlo del male, tra militari nostalgici e le loro belle mogli, in una stagione della nostra storia in bilico tra la contestazione e la lotta armata.