LACRIME GHIACCIATE DI ANIME SEPOLTE NELLA NEVE
di BARBARA MONTEVERDI
Questo noir teutonico appare sin da subito di lettura agevole, nonostante il freddo inverno, i morti passati e presenti (e la notizia ferale dell’assassinio di J.F.Kennedy non alleggerisce certo l’atmosfera) perché il tono usato da Kerstin Cantz è colloquiale e piuttosto sereno qualunque cosa accada.
Ecco, io avrei preferito che – rivolgendosi alla sua superiore – l’agente Elke Zeisig non la chiamasse “capa”, ma il traduttore ha optato per questo (a mio gusto) sgradevole sinonimo per omaggiare l’ispettrice capo dell’Ufficio Sezione Femminile in un’epoca in cui le donne non sono granché considerate, perciò lo perdono. D’altronde non ci sono altre sbavature e solo il mio spirito saturnino può soffrire per una simile inezia.
Passando al racconto, siamo agli inizi degli anni ’60 del Novecento, in una Monaco che parla molto inglese grazie agli insediamenti militari americani sorti come funghi nel dopoguerra. Impazzano, ovviamente, i Jazz Club e i loro frequentatori non sono sempre così innocenti: risse, alcool, droga, qualche morto rendono quest’angolo di Germania piuttosto simile alla Chicago degli anni ’30. Forse non così sbracata, più contegnosa perché sempre di territorio tedesco stiamo parlando, ma se ne vedono delle belle anche qui, altroché.
Ed è in questi ambienti fumosi che si aggira la giovane Elke, con un tarlo che le rode il cervello e il cuore, dopo aver ricevuto una denuncia anonima per presunti maltrattamenti su un bimbo tedesco adottato da una coppia americana.
Elke dovette reprimere l’impulso di correre. Nei corridoi dell’ospedale militare illuminati a giorno stava seguendo i cartelli per il pronto soccorso senza incontrare nessuno. Sentiva il battito del cuore e il gelo del sudore sulla nuca. Non aveva la benché minima idea di cosa l’aspettasse. A detta della signorina Hanke, la telefonata anonima non aveva fornito dettagli sul perché il piccolo Paul fosse finito all’ospedale. Probabile che la persona non lo sapesse. Sapeva tuttavia che Loretta non aveva chiamato l’ambulanza, sebbene il bambino non stesse bene. E aveva anche detto che il maggiore Williams non si trovava in città.
La cosa curiosa, nel racconto della Cantz, è che il pathos, la vera emozione, si riscontra nei verbali degli interrogatori più che nella descrizione degli avvenimenti. L’autrice riesce a rendere il dramma che si sta vivendo (e là dove sono coinvolti bambini è sempre un angolo oscuro molto doloroso) quando si allontana dai suoi personaggi e anche la caparbietà dell’ottima agente Elke Zeisig sembra più legata all’amore per il proprio lavoro e per la giustizia che a una spinta di partecipe umanità. Non che non dimostri cedimenti emotivi, ma l’autrice è subito pronta a rintuzzare la sua protagonista, come temesse di scadere nel “mélò”. Il risultato è una sequenza di situazioni pesantissime raccontate in tono quasi discorsivo, sebbene estremamente particolareggiato, un po’ come se Agatha Christie – intenta alla guida – avesse deciso di premere sull’acceleratore per investire un tenero coniglietto, mentre ci sta raccontando le ultime prodezze scolastiche del nipotino. Sensazione straniante.
La tensione si fa mano a mano più densa, pesa proprio sulle nostre spalle come una cappa che vorremmo lacerare per respirare meglio, ma non possiamo lasciare il libro fino alla fine del racconto perché lo svelamento procede a passi lenti, ma inesorabili e noi, che tedeschi non siamo, partecipiamo con molta emozione a questa vicenda dolorosa e antropologicamente interessante: due mondi, due filosofie di vita molto differenti che si confrontano in un dopoguerra ancora troppo vicino e tentano di ri-incollare i cocci di una fiducia reciproca persa sotto le bombe. Niente di nuovo sul fronte occidentale, verrebbe da dire, ma è utilissimo leggere questo noir per non dimenticare e, magari, imparare qualche strategia di convivenza.
TRAMA
Siamo nel 1963 e la WKP, la polizia criminale femminile di Monaco, riceve una soffiata anonima che porta Elke Zeisig a casa di un ufficiale americano per indagare su presunti maltrattamenti al figlio adottivo della coppia. Ma la notizia degli spari a John F. Kennedy sconvolge gli animi e l’indagine viene sospesa ancora prima di essere cominciata. E quando arriva la notizia della morte del bambino Elke si dedica anima e corpo a scoprire cosa è accaduto. Nel frattempo in un campo fuori Monaco viene ritrovato il corpo di un soldato afroamericano. Che si tratti di un omicidio razziale? Anche questa volta la Signorina Zeisig ci stupisce col suo acume e la capacità di farsi strada in un mondo in cui le donne faticano a trovare il loro spazio.
Traduzione: Anna Carbone
Ascolta l’incipit letto da Barbara:
La signorina Zeisig e l'amico americano
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