SEGRETI E MISTERI NELL’ENTROTERRA SPEZZINO
La Bottega del Giallo è una sorta di caverna di Alì Babà in cui si scoprono tesori, curiosità, rarità. E questo libro è decisamente una sorpresa inusuale. Non stiamo parlando di un giallo, thriller o noir bensì di un saggio relativo a scavi archeologici condotti nella Liguria Occidentale dalla squadra del Professor Fabrizio Benente, che hanno portato al ritrovamento di resti databili tra il XIV e il XVI secolo, tra cui quelli di un individuo morto assassinato.
Il testo, di indubbio interesse, è rivolto anche a chi di archeologia ne capisce poco o niente (come la sottoscritta che s’è fatta una cultura sull’argomento seguendo le avventure di Indiana Jones, per capirci), però richiede un minimo di concentrazione e curiosità, dato che non di romanzo si tratta, ma di faticosa e reale ricerca sul campo.
Fabrizio Benente è professore ordinario di Archeologia cristiana e medievale presso l’Università di Genova e ci parla dei suoi studi e delle conclusioni (spesso inevitabilmente parziali) a cui si arriva esaminando i reperti – umani e non – che si incontrano durante gli scavi. Il suo linguaggio è volutamente semplice, ma l’argomento è tutt’altro che banale.
Si tratta di un maschio di ca. 17/20 anni, di statura stimata tra 164/167 centimetri. Il cranio era posto a nord e ruotato verso destra. Il braccio sinistro era piegato, con la mano originariamente poggiata sull’addome. Le ossa dell’avambraccio destro – al momento dello scavo – risultavano appoggiate all’esterno del bacino, con le ossa della mano poste in prossimità della parte superiore del femore.
Ma qui non si parla ancora della “nostra” vittima che scopriremo più avanti essere altrettanto giovane (tra i 20 e i 25 anni) e sfortunata. Da ognuna di queste scoperte archeologiche si evince che la vita dell’uomo medieval-rinascimentale non era certo una passeggiata e risultava sicuramente di breve durata, costellata com’era di povertà, pessima alimentazione, cure mediche carentissime, insicurezza sociale.
Così, ecco che troviamo il corpo sepolto in fretta e furia nella tomba n. 32, di questo giovane maschio alto poco meno di 170 cm, che soffriva di qualche serio problema di dentizione.
Il soggetto è stato ammazzato in maniera decisamente cruenta, colpito da almeno due armi da taglio a lama larga e, quindi, ucciso da più di un uomo. (…)L’accanimento di cui è stato oggetto non farebbe supporre un evento bellico o uno scontro armato. Potremmo pensare ad un’efferata rapina lungo le mulattiere e i sentieri di Pietra Colice. Potrebbe, invece, trattarsi di un agguato per vendetta, per faida o di un omicidio commissionato.”
Le ipotesi sono molte, corredate da fotografie dei resti della vittima e belle immagini di affreschi e miniature d’epoca che rappresentano la Morte che galoppa armata di falce o atti criminali veri e propri come l’immagine tratta dal Decameron di Boccaccio in cui Rinaldo d’Asti viene aggredito nel bosco da finti mercanti.
Ma il prof. Benente non si limita a descriverci questo caso specifico; ci parla anche di famigliole sterminate dalla peste o viaggiatori eliminati senza tanti patemi d’animo da qualche oste non proprio onestissimo che, dopo averli spogliati dei loro beni, li catapultava in qualche pozzo profondo e, chissà, riusciva forse a farla franca.
Lettura atipica per gli amanti del giallo classico, ma davvero stimolante e istruttiva.
TRAMA
Il caso di omicidio che è al centro di questo libro è destinato a rimanere irrisolto, come accade nei “cold case” delle serie televisive più seguite. Tuttavia, l’archeologia e le scienze applicate hanno permesso di comporre un identikit completo dell’individuo assassinato, grazie allo studio della sepoltura che è stata rinvenuta nel corso degli scavi dell’ospitale “di passo” di San Nicolao di Pietra Colice (GE). È, quindi, possibile ricostruire parzialmente la sequenza di azioni che hanno portato al decesso e al seppellimento. Si è trattato di un omicidio cruento, perpetrato in una zona isolata ed impervia, adatta ad un agguato. Ha le caratteristiche di un delitto d’impeto, come può accadere nel caso di una vendetta, di una faida, di un omicidio passionale, o di una rapina. Gli episodi di morte violenta e i decessi avvenuti in prossimità di “luoghi di strada” della Liguria medievale non sono rari. Guerra, brigantaggio, ma anche malattia e morte accidentale colpivano chi si trovava in viaggio lungo le aspre vie montane e in prossimità dei valichi transappenninici. Condurre un’indagine archeologica su un caso di morte violenta è una preziosa opportunità per prendere nuovamente in esame i dati dello scavo di San Nicolao di Pietra Colice e intraprendere nuovi percorsi di ricerca, attraverso le fonti documentarie e altre testimonianze materiali.
Se vuoi ascoltare l’incipit letto da Barbara:
San Nicolao di Pietra Colice
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