LA PERFEZIONE DI UN ROMANZO CHE DIVENTERA’ CLASSICO
Dire che quello di Roberto Carboni “Il giallo di Villa Nebbia” (ed. Newton Compton) sia il più bel giallo dell’anno è riduttivo anche perché siamo solo a marzo. Sicuramente vi posso dire che il romanzo di Carboni è il più bel giallo letto negli ultimi mesi. Un romanzo perfetto. E così dovrebbe concludersi la mia recensione perché non c’è niente da dire davanti alla perfezione. Ma la perfezione, come tutto, è soggettiva, anche se rappresenta un sentimento a maggioranza.
La struttura del romanzo, 350pp che si leggono in un soffio, è molto serrata intorno al giallo. Non ci sono divagazioni e anche la vita privata del protagonista, Pietro Bianchi, turbata da un accadimento passato irrisolto trova l’epilogo e la spiegazione solo nel finale ricalcando la vera e pura struttura del giallo. Tutto il romanzo è percorso da quesiti che lo scrittore instilla nel lettore e che servono ad aumentare la suspense. Il romanzo diviso in 112 capitoli brevi è magistralmente tagliato, ogni capitolo ha un finale che tira il gancio ai successivi mantenendo alta la suspense. Una scelta di divisione molto difficile da applicare se lo scrittore non sa giocare con la suspense e Carboni ci riesce benissimo.
La trama, che gira intorno a Villa Nebbia, narra di Pietro Bianchi, un uomo che dopo il suicidio della moglie non è ben visto nel suo paese a causa della sua condotta segnata da abuso di alcool ed il sospetto che sia lui ad aver ucciso la moglie. E così Carboni ci serve su un piattino d’argento un primo giallo, perché la moglie di Pietro si è suicidata? Per allontanarsi da quel clima pesante, Pietro decide di accettare l’incarico di custode di Villa Nebbia permettendogli di lasciare il paese ed andare a vivere sul Monte Civetta. La villa è in condizioni disastrose, ci abitano Mariasole e la zia Ilde, inferma e dal passato molto torbido. L’aura spettrale della casa è aumentata da una fitta nebbia che continua a circondare la villa e che lascia poco respiro, portando con sé tutte le paure.
Il giallo di Carboni riesce tramite la scrittura dell’autore ad aggiungere delle pennellate gotiche che avvolgono il romanzo di una nebbia insolita per un giallo, perché la razionalità della classica detection soccombe a volte all’ipotesi dell’irrazionale. Due registri che Carboni gestisce benissimo, in una trama (e qui mi ripeto) perfetta.
Il finale del romanzo è classico. Torna il sereno ed il cielo azzurro su tutto, ma non tutto viene spiegato e rimangono delle zone periferiche buie. Alcuni puristi potrebbero criticare, questa scelta, che secondo me concludono un romanzo “in sospensione” con il giusto pathos. Un romanzo che ti viene voglia di rileggere anche solo per ripercorrere tutta la storia con la conoscenza finale e capire che il romanzo di Carboni è geniale.
Poche volte è successo di arrivare alla fine di un romanzo e non volerla leggere per non lasciarlo andare. Il mio voto è il massimo possibile sul nostro sito, 100, ma sappiate che è con lode, bacio accademico, chiavi della città e medaglia di Cavaliere. Insomma è perfetto.
Per tutta la cena Giancarlo aveva udito lo scrosciare della pioggia, oltre le finestre del salone principale. Era ossessionato dalle infiltrazioni. Avevano già attraversato la soffitta, scrostando l’intonaco delle camere da letto. “Va tutto in malora”, pensava fissando Ilde e Cristina, sedute al tavolo con lui. “Questa villa è sudicia e maledetta come l’inferno, e cade a pezzi”. Ilde era incurante del degrado in cui vivevano, quasi che non la riguardasse. Ne avevano discusso tante volte fino allo sfinimento. Tamponò la bocca con il tovagliolo rammendato e lo ripose sulle ginocchia. “Gradirei del vino”, disse con tono distratto, guardando per l’ennesima volta l’orologio.
La nostra presentazione al Covo della Ladra: link.
Editore: Newton Compton
Anno: 2020