Sabbia nera

Sabbia nera

VANINA E’ L’ETNA IN CARNE ED OSSA

Se Firenze è stata la culla del Rinascimento, la Sicilia è stata un terreno prolifico culturalmente da Pirandello a Verga, Brancati Vitaliano, da Goliarda Sapienza a Giuseppina Torregrossa, passando per Camilleri, re indiscusso del genere giallo all’italiana, Barbieri ed ora anche Cristina Cassar Scalia che con “Sabbia Nera” lascia un’impronta indelebile nel genere.

Ambientato principalmente a Catania, l’autrice ci regala uno scorcio molto moderno della Sicilia che si scontra con la vicenda, che risale a sessant’anni prima, senza perdere il suo colore attuale, tra bar e trattorie, tra prelibatezze tradizionali e cocktail moderni. Cristina Cassar Scalia, da buona siciliana, sa che nella tradizione e nella prosecuzione del passato si racchiude il segreto per un futuro all’avanguardia e florido. E non solo nelle ambientazioni, anche nelle storie l’autrice non si dimentica del suo passato. Gli angoli della Sicilia che disegna, e che poi si viene a scoprire nei ringraziamenti esistano veramente, hanno attraverso le sue parole un animo funzionale al racconto.

Giovanna Guarrasi, vicequestore e vezzeggiata Vanina, è la protagonista di quest’indagine che parte da un ritrovamento di un cadavere mummificato dentro un montacarichi in una bellissima villa catanese di proprietà dei Burrano. E, come in tutti i romanzi che si rispettano, l’indagine è la co-protagonista della storia personale di Vanina. Una protagonista che Cassar Scalia non ci presenta, non ci racconta, lo fa fare al suo personaggio lungo tutto il romanzo. E si delinea così una donna forte, che crede nel proprio lavoro e nel proprio passato (ritorna sempre il passato) e ci racconta dell’indagine con la determinazione del suo giubbetto di pelle, ma ci racconta di sè con la timidezza del dente scoperto, quello che troppo sollecitato può far male.

“Sabbia Nera” non è solo Vanina ma è la coralità di persone che lavorano insieme a lei, da Spanò a Macchia, da Marta a Lofaro. Come in una vera questura, la sua protagonista non avrebbe la stessa forza se fosse sola e il coro sostiene, contraddice, fa riflettere la stessa Vanina.

La Muntagna s’era risvegliata quella mattina. Una nube densa di cenere incombeva sulla città, avvolgendola. Nei momenti di silenzio, i boati si udivano persino dal mare, a metà tra il rombo di un tuono e il botto di un fuoco d’artificio attutito dalla distanza. La sabbia veniva giù senza requie, formando per terra un tappeto scricchiolante e scivolando sugli ombrelli aperti, rimediati qua e là da venditori ambulanti prontamente apparsi per le strade, come in un giorno di pioggia improvvisa.

Non è un omaggio puro e sterile alla sua Sicilia, quello di Cassar Scalia è una visione oggettiva della sua terra, con le sue contraddizioni e con la sua storia. L’autrice non ci racconta solo un poliziesco ma, da buona tradizione culturale, coglie gli aspetti della provincia che raccontano l’umanità. In alcuni tratti si rivede “L’arte della gioia” di Goliarda Sapienza, quando bisogna fare tutto per essere felici anche essere infelici ma mai agli occhi degli altri.

La ricerca nei termini, la costruzione delle frasi che nascondono una sintassi siciliana nei dialoghi, sono le radici che i suoi personaggi mostrano al lettore, come ancore di una salvezza terrena e sicura. Cristina Cassar Scalia ha scritto un romanzo che tocca la lirica intima quando Vanina parla di sè e che arriva alla spietata realtà quando l’indagine prende il sopravvento all’introspezione. Un romanzo che fissa molto in alto l’asticella delle aspettative. Da leggere in un fiato, gustandolo come un iris.

Musica consigliata: Rosa canta e cunta

Edizione: Einaudi
Anno: 2018