La sua carriera di scrittrice inizia nel 2012 con L’inganno della seduzione. Nel 2015 con Bambole Gemelle entra nella collana digitale ZoomFiltri di Feltrinelli. La memoria dei corpi è il secondo romanzo pubblicato con la casa editrice Mondadori. E’ sempre un piacere chiacchierare con lei, ecco la nostra intervista a Marina Di Guardo.

Come ho scritto nella recensione, l’atmosfera del suo romanzo mi ricorda quella del thriller di Pupi Avati “La casa dalle finestre che ridono”; anche se nel caso del film ci troviamo nelle Valli di Comacchio, mentre nel suo libro siamo tra i Colli Piacentini. A suo avviso, come mai luoghi apparentemente idilliaci possono ispirare trame così sinistre?

Mi piace molto tratteggiare storie dure, a tinte fosche, collocandole in aperto contrasto in luoghi suggestivi. Ho cominciato a ideare la trama de La memoria dei corpi proprio durante una passeggiata sulle colline del piacentino, zona in cui è ambientato il romanzo. Avevo notato una villa circondata da un parco fittissimo, nonostante fosse isolata e in una bellissima posizione panoramica. Mi sono domandata perché il proprietario avesse sentito l’esigenza di rinunciare a un tale paesaggio in favore di una privacy totale. Ho iniziato a pensare a un potenziale personaggio: solitario, deluso, prigioniero di un isolamento auto imposto. Così è nato Giorgio Saveri.

Nel suo romanzo ci sono un luogo e due “comparse” reali: la piccola gioielleria storica in via Solferino a Milano e i suoi proprietari. Ha utilizzato altri luoghi e personaggi realmente esistenti?

Tutti i paesaggi descritti esistono realmente. Un luogo che ha particolarmente colpito la sensibilità dei miei lettori è stata la collina di narcisi selvatici dove Giorgio e Giulia passeggiano durante il loro primo incontro. Esiste davvero e durante il periodo della fioritura appare come una visione quasi soprannaturale. Così pure la chiesetta di Brugnello, arroccata su uno sperone di roccia a strapiombo sul fiume Trebbia: uno scorcio spettacolare che ho voluto inserire anche nel booktrailer che ho realizzato insieme a Luca Catullo, un videomaker molto talentuoso. Per ció che riguarda i miei protagonisti, non mi ispiro mai a qualcuno in particolare, ma piuttosto a caratteristiche caratteriali che ho osservato e assemblato in un’unico personaggio.

Se il suo romanzo divenisse un film e potesse scegliere gli attori, chi vorrebbe nei panni dei protagonisti?

Mi piacerebbe Jude Law nei panni di Giorgio e Jennifer Lawrence in quelli di Giulia. Per Marta vedrei bene Amy Adams e per Agnese Helen Mirren.

È difficile capire “chi è vittima di chi” in questo thriller. Le persone irrisolte esercitano spesso molto fascino; secondo lei essere attratti da un soggetto complicato, o addirittura disturbato, è segno di debolezza o di forza?

Io credo che sia sintomo di complessità, desiderio di non accontentarsi di un essere umano con poche sfaccettature. Sinonimo di forza, ma anche segno di sofferenza. Infatti, non a caso, Giorgio e Giulia sono individui segnati da un danno profondo. E, come se avessero un marchio inconfondibile, si riconoscono e sono vicendevolmente attratti.

Cosa significa per lei scrivere gialli? È il suo genere preferito anche come lettrice?

I miei primi due romanzi erano drammi relazionali. Il secondo aveva un sorprendente finale noir che è piaciuto moltissimo. Sono stata incoraggiata a imboccare questo orientamento letterario e sono felice di questa scelta perché è il mio genere preferito. Ho dedicato La memoria dei corpi a un mio caro amico scomparso due anni fa, Sergio Altieri. Uno scrittore, sceneggiatore, traduttore semplicemente geniale. Sergio ha creduto in me e mi ha insegnato moltissimo. Ho imparato da lui più che da mille scuole di scrittura.

I suoi progetti?

Tante presentazioni in tutta Italia per promuovere La memoria dei corpi e un nuovo romanzo.

Grazie a Marina per il tempo concessoci, e vi ricordiamo il link della nostra recensione: La memoria dei corpi.