La collana Darkside di Fazi si arricchisce. E lo fa con uno scrittore italiano che gli amanti del genere conoscono bene anche perché è tra gli organizzatori di un festival a Crema molto seguito e interessante ( Inchiostro ) … Ma veniamo al romanzo “Il nido del pettirosso” di Lorenzo Sartori. 

Qui potete trovare la trama ed un estratto del romanzo … 

TRAMA

La scomparsa improvvisa di una ragazza riporta a galla un terribile omicidio avvenuto in passato e mai dimenticato.
Ad Alveno, paese di poche anime tra i monti del Trentino, Alice ha lasciato i ricordi più belli e anche i più atroci. Dopo alcuni anni di assenza, sta andando lì con gli amici di sempre. Sono in macchina, diretti al Nido del Pettirosso, l’albergo che i suoi genitori gestivano quando lei era ancora una bambina e che ora sua madre Laura ha deciso di vendere per lasciarsi alle spalle i tragici eventi accaduti nei dintorni. Undici anni prima, infatti, sua sorella Sara era stata ritrovata morta in fondo a un burrone: come siano realmente andate le cose resta un mistero ma la sua famiglia, nel frattempo, è andata in pezzi. L’indomani, Laura riceve una telefonata dalla polizia: l’auto su cui viaggiava Alice è finita in una scarpata; lei e un suo amico si sono allontanati per chiedere aiuto e da quel momento nessuno ha più avuto notizie di loro. Laura si precipita sul posto per seguire le indagini, portate avanti dall’agguerrita ispettrice Valenti. Possibile che la montagna voglia prendersi anche l’unica figlia rimastale? Tutte le paure e i dubbi del passato si riaffacciano come ospiti indesiderati dalle finestre delle stanze ormai vuote del Nido del Pettirosso: che fine ha fatto Alice? La sua scomparsa è legata in qualche modo alla morte di Sara? Riusciranno Laura e l’ispettrice Valenti a ritrovare la ragazza prima che accada di nuovo l’irreparabile?

ESTRATTO

giugno 2008

Tra le cime affilate degli alberi la luna era l’unghia di un predatore. Alice rimase incantata a osservarla, annusando quell’aria che le blandiva la faccia. Sotto di lei le foglie erano bagnate e fredde e la testa iniziò a girarle appena si mise in piedi. Tremava. L’odore pungente di muschio e aghi di pino la fece starnutire.

Si accorse di essere scalza. A piedi nudi e con una strana veste addosso. Che ci faceva di notte in un bosco? Non aveva senso.

Si mise a gridare «Mamma!», provando a convincersi che fosse solo un brutto sogno. Nessuno rispose. Cercò di calmarsi, di orientarsi, guardando a scatti in ogni direzione, oltre gli spettri di decine di tronchi.

Un rumore le passò sopra la testa. Si sentiva confusa. Non riusciva a capire come fosse potuto succedere di trovarsi lì senza alcun ricordo di come ci fosse arrivata. Ma non c’era altra spiegazione, doveva per forza trattarsi di un incubo, un incubo da cui si sarebbe presto svegliata, doveva solo capire come.

Urlò ancora, nella speranza di spezzare finalmente l’incantesimo e ritrovarsi nel suo letto, sotto le coperte. Il bosco le restituì l’eco inquietante della sua voce.

Si appoggiò a un albero. Aveva bisogno di un punto di riferimento e il contatto con quell’abete dalla corteccia ruvida le diede un anelito di sicurezza. Da qualche parte ci dovevano essere le sue ciabatte con il muso di gatto sulla punta. Troppo buio per mettersi a cercarle tra le foglie fradicie e le radici. Poteva farcela comunque, anche senza quelle stupide ciabatte. Non doveva essere lontana dal Nido del Pettirosso. Da casa sua. Sì, ma da quale parte andare?

Prese a scendere il pendio, sforzandosi di ignorare il dolore ogni volta che appoggiava un piede su una pietra appuntita o una radice sporgente. Le lacrime le riempivano gli occhi, ma aveva troppa paura per fermarsi, anche solo per riflettere. Si rese conto che stava parlando, diceva cose senza senso, per trovare conforto nel suono della sua voce. Si fermò. Non ne era sicura ma le sembrava di essere già stata in quella parte del bosco, a funghi, con sua sorella Sara, e ricordava che Il Nido del Pettirosso si trovava appena oltre quegli alberi. Le parve di sentire sotto l’odore del fango quello del cibo. Si sentì rincuorata, non era lontana. Doveva solo respirare e camminare. Non pensare ad altro.

Ombre dense comparvero all’improvviso nell’oscurità per poi sparire, strappandole un respiro sempre più affannoso. Procedeva quasi alla cieca e i rami invisibili le frustavano ripetutamente il viso, le braccia, le gambe nude. Inciampò in una radice e sbatté un ginocchio contro qualcosa di duro e indefinito. Si rialzò e si accorse di sentire un freddo insopportabile e di tremare come le fronde degli alberi che il vento scuoteva sopra la sua testa.

La casa è là, Il Nido è là, si disse, fissando un punto imprecisato davanti a lei, stringendosi in quella veste di cotone che non poteva proteggerla dall’umidità e dalla brezza di una notte di giugno. Si mise a cantare Attenti al lupo. Con sua sorella la cantavano sempre quando andavano a cercare i porcini nel bosco. Le sembrò di sentire la voce di Sara, ma quando smise di cantare nell’aria rimase impigliato solo un fruscio di foglie. E poi all’improvviso il silenzio.

«Mamma!», gridò di nuovo. E si sentì una sciocca. Le venne da fermarsi a piangere ma non lo fece. Non c’era nessuno nel bosco e avrebbe dovuto arrivare a casa da sola.

Eppure il fruscio si ripresentò. Alle sue spalle. Seguito da un minaccioso scricchiolio. Un animale feroce, pensò. E iniziò a correre, ignorando tutto ciò che le lacerava i piedi, mentre il cuore non le dava tregua, batteva contro la cassa toracica e le serrava la gola. Corse, cadde e riprese a correre, quasi a ruzzolare giù per il declivio, aggrappandosi ai rami che si ritrovava davanti all’improvviso e che crepitavano al suo passaggio. Corse verso un fascio di luci comparso dal nulla e che la abbagliò, bloccandola come una lepre sorpresa sulla strada dai fari di un’auto.

Sentì gridare il suo nome e quello di Sara. E poi solo quello di sua sorella, mentre altre luci e altre voci risalirono zigzagando verso il bosco alle sue spalle. Uomini, tanti uomini, alcuni armati di fucile.

«Mamma!», urlò, e fu allora che qualcuno la strinse. L’incubo era finito. Diverse torce illuminarono quell’abbraccio disperato e fu solo quando sua madre si scostò, gli occhi sbarrati, che Alice si accorse delle chiazze di fango e sangue sulla sua veste.

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